COMMISSIONE UE: ITALIA A RISCHIO PROCEDURA D'INFRAZIONE

05.06.2019

Negli scorsi giorni la Commissione dell' Unione Europea ha contestato all'Italia il mancato rispetto delle regole sul debito pubblico minacciando la possibile attivazione di una procedura d'infrazione a suo carico.  

Cosa si intende con tale procedura? Cosa rischia l' Italia?

La procedura d'infrazione contro gli Stati membri UE

La procedura d'infrazione è regolata dagli art. 258-260 TFUE ed è diretta ad accertare una violazione degli obblighi derivanti dai Trattati commessa da uno Stato membro dell' Unione europea. La violazione può consistere nella mancata attuazione di una norma europea,di una disposizione oppure di una pratica amministrativa nazionale che risulta essere incompatibile secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria.

L'avvio di tale procedura è di competenza esclusiva della Commissione,la quale esercitando un potere discrezionale, può attivare tale procedura su propria iniziativa,su iniziativa di un Stato membro o su iniziativa di privati.

Fase Pre-contenziosa

Alla fase contenziosa precede la fase "pre-contenziosa" che risulta essere condizione di procedibilità per poter esperire l'eventuale successivo ricorso d'innanzi alla Corte di Giustizia UE.

Gli scopi di tale fase sono: dare allo Stato membro la possibilità di sviluppare una difesa contro gli addebiti della commissione; concedere al medesimo Stato la possibilità di conformarsi volontariamente agli obblighi che derivano dal diritto UE; definire chiaramente i termini della controversia.

La Commissione quando rileva la violazione di una norma europea invia, allo Stato membro interessato, una "lettera di messa in mora" ( dal contenuto informale che contiene un primo riassunto degli addebiti), concedendogli un termine di due mesi entro cui presentare le proprie osservazioni. Dunque lo Stato ha la possibilità di poter presentare le proprie osservazioni e procedere ad un eventuale adempimento spontaneo.

Laddove la Commissione non dovesse ricevere alcuna risposta, o al contrario se la risposta dovesse essere ritenuta non soddisfacente, procederà ad emettere un "parere motivato" il quale conterrà, in modo rigido e formale, le ragioni di fatto e di diritto che sono alla base della violazione contestata ed assegnerà un termine entro il quale lo Stato dovrà porvi rimedio. Nel caso in cui lo Stato non si adegui al suddetto parere motivato la Commissione potrà presentare ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia Europea.

Si conclude così la fase "pre-contenziosa" ed inizia la "fase del giudizio" che sarà volta ad accertare,mediante sentenza della corte, l'inosservanza da parte dello Stato membro in questione di uno degli obblighi imposti dall'unione.

Fase contenziosa

Qualora la Corte di Giustizia accerti la violazione contestata allo Stato, emetterà una sentenza alla quale il suddetto dovrà uniformarsi adottando i provvedimenti in essa stabiliti. Qualora tali adempimenti non fossero messi in atto dallo Stato, la Commissione potrà attivare un'ulteriore procedura ex art. 260 TFUE volta ad accertare il mancato adempimento degli obblighi di esecuzione della sentenza (es. mancato recepimento di una direttiva,mutamento prassi amministrativa) e chiedere il pagamento di una sanzione senza dover procedere ad un ulteriore fase "pre-contenziosa" (contrariamente a quanto accadeva prima).

L'ammontare delle sanzioni vengono stabilite dalla Commissione e consistono in una somma forfettaria ed in una penalità di mora.

Cosa rischia l' Italia

Ritorniamo alla questione oggetto d'interesse. L'Italia lo scorso 29 Maggio 2019 ha ricevuto dalla Commissione UE una lettera nella quale si chiedeva di dare spiegazioni sul debito pubblico,ritenuto ancora una volta troppo eccessivo e minacciando così di attivare la procedura d' infrazione a suo carico.

Ricordiamo che la violazione delle regole sul debito è alquanto severa in relazione alle relative sanzioni : si rischia una multa fino a 9 miliardi di euro, il congelamento dei fondi strutturali e lo stop dei prestiti concessi dalla Banca europea degli investimenti.

Cristina Di Pinto