FIGLI MAGGIORENNI: MANTENIMENTO SI O NO?
Dott.ssa Mikaela Martellotti
La sentenza n. 40282 del 2021 ha dichiarato lo stop del mantenimento a favore del figlio maggiorenne da parte del genitore ovvero tale provvedimento specifica che "lo svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, anche se prestata nell'ambito di un contratto a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità dell'interessato di procurarsi una adeguata fonte di reddito e quindi della raggiunta autosufficienza economica". Quindi, per esempio, se il figlio risulta vincitore di un concorso pubblico firmando un
contratto per la durata di un anno non ha diritto al mantenimento. Con ciò la Cassazione ha voluto mettere in rilievo e dare importanza all'indipedenza del figlio maggiorenne, alla sua capacità di far fronte alle sue esigenze ed al suo inserimento nel settore del lavoro con un' attività che sia retribuita in modo tale da consentire al figlio di provvedere a sé stesso; pertanto, viene esclusa la reviviscenza dell'obbligo del genitore al mantenimento". Mentre, in precedenza, la Corte d'Appello si era pronunciata a favore dell'assegno di mantenimento per il figlio come obbligo del genitore; tale decisione era basata sul fattore precarietà del contratto a tempo determinato.
Per la Corte di Cassazione, anche il contratto a tempo determinato consente di farsi spazio nel campo lavorativo . Il fattore retribuzione è essenziale per le esigenze del figlio, il quale determina l'estinzione dell'obbligo del mantenimento a carico del genitore.
Tuttavia, l'elemento retributivo deve essere qualificato dall'"adeguatezza"; ciò significa che il fatto che un soggetto sia pagato non significa che sia indipendente.
Per tale ragione, l'adeguatezza della retribuzione deve essere indicata come quella misura del compenso tale da "assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa", così come evidenziato nella precedente sentenza n. 2245 del 2006 della Cassazione che richiama l'articolo 36 della Costituzione. Però il rischio maggiore emerge in prossimità della scadenza contrattuale in cui è coinvolto il maggiorenne . Laddove non fosse rinnovato potrebbe essere assimilata al caso in cui il lavoratore a tempo indeterminato venga licenziato oppure al caso in cui il figlio intraprenda come imprenditore un'attività di impresa e che questa abbia un andamento negativo. A tali circostanze non consegue il dovere di mantenere il figlio maggiorenne a capo del genitore.
Non è possibile affermare, secondo il recentissimo orientamento della Cassazione, che il diritto al mantenimento resti in capo al figlio, anche nel caso di contratto a termine non rinnovato. Infatti , La Suprema Corte sottolinea e ribadisce l'importanza della retribuzione adeguata e il fatto che il figlio sia inserito nel mondo del lavoro. A tali circostanze non consegue il dovere di mantenere il figlio maggiorenne a capo del genitore. Un volta che il figlio ha intrapreso l'attività lavorativa pubblica o privata sta a significare che è in possesso di quella capacità lavorativa e quel grado di responsabilità tale da poter "determinare l'irreversibile cessazione dell'obbligo in questione", così come affermato in una precedente pronuncia della Corte di Appello di Perugia del 10 settembre 2020, n. 398. Risulta necessario valutare caso per caso , infatti , non è possibile riconoscere la cessazione dell'obbligo del mantenimento nel caso in cui il contratto a termine, a monte, non possa essere ritenuto idoneo a garantire la tanto sperata indipendenza economica. Ad esempio, se il contratto ha durata stagionale o a chiamata o prevede una retribuzione eccessivamente sproporzionata non può venir meno il diritto al mantenimento del figlio. In tale ipotesi, la Cassazione evidenzia che la durata del contratto non conduce alla stabilità economica, bensì all'instabilità su ogni fronte della vita del figlio maggiorenne.
Per quanto riguarda l'istituto del mantenimento, in generale, si fa riferimento all'art. 337 septies, c. 1 , del codice civile che prevede che "Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto". L'ordinamento giuridico italiano sancisce che i genitori non sono liberi dal dovere di fornire il mantenimento anche quando il figlio ha raggiunto la maggiore età .
La ratio dell' obbligo è quella di garantire il diritto del figlio di perseguire i propri obiettivi professionali e di vita, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, così come sancito dall'articolo 147 codice civile. In una precedente pronuncia della Corte di Cassazione del 2021, è stato analizzato il periodo e i limiti del mantenimento.
Tale obbligo di mantenimento non può essere eterno. Allo stesso tempo i genitori non devono danneggiati economicamente da tale dovere. Esso viene meno quando il proprio figlio è iscritto all'università ma sia nel contempo un prestatore di lavoro part-time, così come affermato nella sentenza del 11 giugno 2020 n. 11186 della Corte di Cassazione sezione VI. Un altro caso in cui si esclude il dovere a carico del genitori emerge quando il soggetto, dopo aver terminato gli studi e superato l'esame di abilitazione con successiva iscrizione all'albo, inizi ad esercitare la libera professione.
Quindi, si applica il principio di auto responsabilità a capo del figlio maggiorenne ; nella prospettiva in cui egli è posto nella concreta possibilità di poter divenire indipendente sotto il profilo economico, ma non pone in essere azioni volte a raggiungere l'autosufficienza colpevolmente, il diritto al mantenimento viene meno, così come affermato dalla Cassazione civile sez. VI nella sentenza del 9 ottobre 2020 n. 21752.