I PROGRAMMI DI GIUSTIZIA RIPARATIVA

01.03.2024

Avv. Flavia Lombardi

I programmi di giustizia riparativa vengono condotti presso strutture specializzate, e durante il processo di elaborazione, possono essere presenti anche i difensori delle parti coinvolte con l'obiettivo di fornire assistenza eventualmente necessaria.

La mediazione costituisce l'elemento chiave di questo modello di giustizia, e di conseguenza, i programmi corrispondenti sono focalizzati sull'instaurazione di un dialogo riparativo.

I mediatori possono impiegare diversi strumenti dialogici per favorire il successo dell'incontro tra le parti coinvolte[1].

Non esistono restrizioni sull'accesso ai programmi di giustizia riparativa in relazione alla fase o allo stato del procedimento penale, anzi è possibile offrire tali programmi anche durante l'esecuzione della pena[2].

Tuttavia, l'accesso a tali programmi è condizionato all'iniziativa dell'autorità giudiziaria competente.

È tuttavia poco realistico immaginare che sia l'autorità giudiziaria a prendere l'iniziativa nell'offrire questi "programmi".

Saranno piuttosto gli uffici per l'esecuzione penale esterna e i centri di giustizia minorile, nonché le équipe di trattamento, nell'ambito delle rispettive competenze, o addirittura i difensori delle parti, a suggerire o sollecitare la preparazione e la formulazione di tali programmi.

Invece di assumere l'iniziativa, l'autorità giudiziaria competente avrà il compito di adottare i provvedimenti che contengono i programmi di giustizia riparativa, previa valutazione di ammissibilità, idoneità e congruità[3].

Il fine del programma è orientato verso un risultato riparativo, che si concretizza nella ricostruzione del legame compromesso tra vittima, autore del reato e comunità. Tale esito riparativo può assumere una dimensione simbolica, attraverso dichiarazioni, scuse formali, impegni comportamentali, anche pubblici o rivolti alla società, accordi relativi alle interazioni con persone o luoghi. In alternativa, può presentare un aspetto materiale, come il risarcimento del danno, restituzioni, l'impegno a ridurre o eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato, o la prevenzione di ulteriori sviluppi negativi correlati al medesimo.


I programmi di giustizia riparativa vengono attuati all'interno dei Centri per la giustizia riparativa, strutture istituite presso gli enti locali responsabili dell'organizzazione, gestione, erogazione e conduzione dei programmi. In ogni Corte d'appello è istituita la Conferenza locale per la giustizia riparativa, alla quale partecipano, tramite i propri rappresentanti, il Ministero della giustizia, le Regioni, le Province, le Città metropolitane e le Province autonome che ricadono nel territorio del distretto di Corte d'appello. Vi partecipano anche i Comuni che ospitano uffici giudiziari compresi nel distretto di Corte d'appello e ogni altro Comune incluso nello stesso distretto, dove sono in corso esperienze di giustizia riparativa[4].

La Conferenza, in consultazione con il Presidente della Corte d'appello, il Procuratore generale presso la Corte d'appello e il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati del Comune sede dell'ufficio di Corte d'appello, rappresentante anche degli Ordini distrettuali, identifica, tramite un protocollo d'intesa, uno o più enti locali incaricati dell'istituzione e della gestione dei Centri per la giustizia riparativa.

La Conferenza locale presenta annualmente al Ministero della giustizia un resoconto delle attività svolte, fatta eccezione per il diritto del Ministero di richiedere informazioni in qualsiasi momento sullo stato dei servizi di giustizia riparativa. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, la Conferenza locale deve individuare i Centri per la giustizia riparativa in cui implementare i relativi programmi.

La Riforma ha conferito ampi poteri al giudice, che assume la responsabilità di fungere da "filtro" per i casi da trasmettere ai Centri per la giustizia riparativa [5].

Il giudice, tramite ordinanza, decide di inviare l'imputato e la vittima presso i Centri per avviare un programma di giustizia riparativa, su richiesta dell'imputato, della vittima o d'ufficio. Tale decisione è presa qualora il giudice ritenga che l'implementazione di un programma riparativo possa contribuire alla risoluzione delle questioni legate al reato in questione, senza costituire un pericolo concreto per le parti coinvolte e senza compromettere l'accertamento dei fatti.

La partecipazione delle parti al programma riparativo avviene esclusivamente con il loro consenso libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta.

Il consenso libero e informato è uno degli aspetti più delicati dell'accesso ai programmi di giustizia riparativa.

Per meglio comprendere la questione, è opportuno focalizzare l'attenzione su un aspetto pratico, ossia la difficoltà degli operatori dei servizi per l'esecuzione penale esterna, nel contattare le vittime.

Al contrario, la partecipazione informata e volontaria dell'imputato (o, più raramente, del condannato) è favorita dal suo interesse personale nel percorso riparativo, che offre prospettive di beneficio futuro.

Le sfide nell'entrare in contatto con le vittime derivano dal fatto che, almeno allo stato attuale, i dispositivi in grado di avviare programmi riparativi sono principalmente interni al procedimento penale.

Questi dispositivi sono spesso sollecitati dalla difesa in vista di misure alternative o, più significativamente, di una dichiarazione di estinzione del reato stesso. Al momento, non esiste un meccanismo che faciliti l'attivazione da parte della vittima per richiedere riparazione o, in generale, un comportamento riparativo da parte del responsabile dell'atto.

In precedenza, l'istituto dell'archiviazione meritata, proposto dalla Commissione Lattanzi, era stato accolto con favore in quanto avrebbe consentito una risposta tempestiva alle richieste riparative delle vittime, coinvolgendo servizi dedicati alla loro assistenza, a condizione che fossero strutturati e diffusi, come avviene nella maggior parte dei Paesi europei[6].

In questo contesto, il coinvolgimento attivo delle vittime avrebbe sicuramente prodotto risultati positivi.

Purtroppo, il Governo, influenzato da una concezione della giustizia orientata alla "mitigazione" come segno di debolezza, ha scelto di eliminare questo istituto chiave per una funzione riparativa delle vittime, relegando i programmi riparativi alla sfera della messa alla prova e della successiva fase esecutiva.

Durante lo svolgimento degli incontri, il giudice ha il potere di richiedere informazioni sullo stato e sui tempi del programma riparativo. La competenza del giudice che decide di inviare al Centro per la giustizia riparativa varia a seconda della fase procedurale: durante le indagini preliminari, è competente il pubblico ministero; dopo l'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio, la competenza è del giudice per le indagini preliminari, fino alla trasmissione del decreto e del relativo fascicolo al giudice per l'udienza predibattimentale; dopo la pronuncia della sentenza, è competente il giudice che ha emesso la sentenza, fino alla trasmissione del fascicolo del dibattimento; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Al termine del programma riparativo, viene inviata al giudice procedente una relazione redatta dal mediatore, contenente la descrizione delle attività svolte e dell'esito raggiunto.

In caso di mancata effettuazione del programma, sua interruzione o mancato raggiungimento dell'esito riparativo, ciò non comporta effetti sfavorevoli per la persona indicata come autore dell'offesa[7].

Se il programma ha esito riparativo, il giudice valuta non solo ai fini dell'articolo 133 del Codice penale, ma anche:

  • Come circostanza attenuante ai sensi dell'articolo 62, comma primo, n. 6, che prevede una diminuzione della pena per "aver partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con esito riparativo";
  • Come remissione tacita di querela;
  • Ai fini della sospensione condizionale della pena, poiché nel caso in cui il colpevole abbia partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con esito positivo, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di un anno[8].

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[1] G. FIANDACA -E. MUSCO, Manuale di Diritto penale. Parte generale, VIII ed., Zanichelli, Bologna, 2023, p. 965 s.

[2] BOUCHHARD M., FIORENTIN F., op. cit.

[3] Ibidem

[4] FIANDACA -MUSCO, Manuale di Diritto penale. Parte generale, VIII ed., Zanichelli, Bologna, 2023, MARINUCCI G., DOLCINI E., Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffré, 2023

[5] FIANDACA -MUSCO, Manuale di Diritto penale. Parte generale, VIII ed., Zanichelli, Bologna, 2023, MARINUCCI G., DOLCINI E., Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffré, 2023

[6] M. Bouchard, Giustizia riparativa, vittime e riforma penale. Osservazioni alle proposte della Commissione Lattanzi, in Questione Giustizia, 23 giugno 2021

[7] FIANDACA -MUSCO, Manuale di Diritto penale. Parte generale, VIII ed., Zanichelli, Bologna, 2023, MARINUCCI G., DOLCINI E., Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffré, 2023

[8] FIANDACA -MUSCO, Manuale di Diritto penale. Parte generale, VIII ed., Zanichelli, Bologna, 2023, MARINUCCI G., DOLCINI E., Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffré, 2023