I REATI FALLIMENTARI DEL CURATORE

01.03.2020

Dott.ssa Cristina Levatino

Con la locuzione "reati fallimentari" si indicano dei fatti penalmente rilevanti posti in essere dall'imprenditore commerciale o da altri soggetti, in un periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento o durante il corso della procedura concorsuale.

L'esistenza di una procedura concorsuale è elemento caratteristico ed essenziale di questi tipi di reati. Infatti, venuta meno per qualsivoglia motivo l'esistenza della procedura stessa, automaticamente vengono meno anche le ipotesi delittuose.

Le norme incriminatrici trovano collocazione all'interno della legge fallimentare che regola anche gli aspetti civilistici del fallimento. Pur essendo oggi profondamente mutata la situazione normativa nel settore civile, sembrava, dunque, ormai impellente l'esigenza di ripensare anche l'intera disciplina penale della crisi d'impresa, in modo da renderla più armonica e moderna.

Tuttavia, una riforma complessiva del diritto penal-fallimentare, non è stata presa in considerazione dalla legge delega n. 155 del 2017: si è persa l'occasione di un rinnovamento della normativa penale in tale ambito. La delega al Governo sulla risistemazione complessiva delle procedure concorsuali non si occupa infatti della riforma del settore penale della crisi d'impresa (e delle sue incriminazioni che restano inalterate), eccetto per i necessari adattamenti lessicali.

La legge fallimentare nel capo relativo ai reati commessi da persone diverse dal fallito, prevede alcune ipotesi speciali di reati che si discostano da quelli che il curatore, in qualità di pubblico ufficiale, può commettere secondo le norme comuni (peculato, corruzione, abuso di ufficio). La triade è composta: dall'interesse privato del curatore negli atti del fallimento (art. 228); dall'accettazione di retribuzione non dovuta (art. 229); dall'omessa consegna o deposito di cose del fallimento (art. 230).

Si tratta di disposizioni penali dirette a sanzionare condotte considerate come illecite commesse dal curatore nello svolgimento del suo incarico.

In termini generali, il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di reato sopra indicate, è stato indicato unanimemente, nel "corretto svolgimento della procedura fallimentare", e "nell'integrità dell'azione degli organi del fallimento", organi a cui appartiene il curatore e del quale necessita tutelare la sua "onestà, "integrità" nei rapporti complessivi con la procedura concorsuale.

Il bene interesse tutelato dalle norme è sempre quello di salvaguardare "il prestigio dell'amministrazione della giustizia e degli organi fallimentari" con particolare riferimento alla salvaguardia della genuinità e del regolare ed ordinato svolgimento della procedura fallimentare.

Tali delitti sono configurabili come reati propri, cioè possono essere compiuti solo da una persona fisica che ha una determinata qualifica (es. imprenditore fallito, amministratore, liquidatore, direttore generale, organo di controllo, socio illimitatamente responsabile); solo in alcuni casi possono essere compiuti da persona fisica qualunque (creditore e terzi).

Dunque, soggetti attivi sono il curatore, il commissario del concordato preventivo (ai sensi dell'art. 236, comma 2, n. 3 per le fattispecie di cui agli artt. 228 e 229), il commissario liquidatore nella liquidazione coatta amministrativa (ex art. 237 L.F. che stabilisce l'applicabilità ad esso delle disposizioni di cui agli artt. 228, 229 e 230) ed il commissario governativo in caso di amministrazione straordinaria ex art. 1 l. n. 95 del 1979.

Al curatore ed alle figure ad esso assimilate si aggiungono, quali agenti nei reati propri in questa sede esaminati, i soggetti che li coadiuvano nella loro attività. Il tutto come espressamente stabilito dall'articolo 231 per la figura del coadiutore del curatore e dall'art. 237, comma 2, per coloro che coadiuvano il commissario liquidatore e per come indicato, in sede di legittimità, anche per i coadiutori del commissario governativo ex l. n. 95/1979.

Il coadiutore, in ogni caso, rimane un soggetto qualificato alla commissione di questi reati anche qualora la sua nomina risulti, in seguito, essere invalida.

Infatti, in dette ipotesi, tale nomina, qualora non dipenda da una causa di nullità assoluta e laddove non sia stato esperito reclamo avverso di essa, resta sanata e pienamente efficace (in un caso di nomina per la quale era mancato il parere obbligatorio, ai sensi dell'articolo 32 comma 2 L.F., del comitato dei creditori).