LA GESTIONE DELL'EMERGENZA COVID-19 NELL'ORDINAMENTO FRANCESE

01.05.2021

Dott. Luca Mariani

SOMMARIO: 1. Il diritto alla salute nella Costituzione francese - 2. Il diritto alla salute individuale prima e dopo la "question prioritaire de constitutionnalité" - 3. Il diritto alla salute pubblica - 4. La risposta francese all' "état d'urgence sanitaire" dovuto alla diffusione del Covid-19.


1. Il diritto alla salute nella Costituzione francese

 Secondo una ricerca svolta dall'Eurostat, è emerso che la Francia rappresenta il Paese dell'Unione Europea che investe di più per la sicurezza sociale1.

Di recente, il sistema sanitario francese è stato aggiornato ad opera della Legge n. 1702 del 21 dicembre 2015 "de financement de la sécurité sociale pour 2016", con la quale si è introdotta, a far data dal 1 gennaio 2016, la Protection universelle maladie, che ha sostituito la vecchia e problematica Couverture maladie universelle (CMU). Quest'ultima consisteva in una meccanismo basato su tre regimi: gli assicurati, gli aventi diritto e i beneficiari della couverture maladie universelle di base.

Più nel dettaglio, i primi erano coloro che, in ragione dell'attività lavorativa che svolgevano, erano coperti da un'assicurazione medica obbligatoria e ricadevano sotto il régime général de sécurité sociale. L'accesso al regime in questione aveva come presupposto lo svolgimento di un'activité minimale d'assujettissement (connessa, ai fini esemplificativi, all'orario di lavoro svolto), al di sotto della quale si perdeva, in maniera totale o parziale, il diritto alla copertura assicurativa.

Per quanto riguarda la categoria degli "aventi diritto", si trattava di quei soggetti che, sebbene non fossero direttamente titolari di un'assicurazione obbligatoria, erano coperti obbligatoriamente dalla stessa in ragione del particolare legame intrattenuto con il suo titolare (coniuge, figlio, ecc.).

Nel caso in cui un soggetto, regolamentare residente in Francia, non rientrasse in nessuna delle categorie ora menzionate, egli era coperto soltanto dalla CMU di base, la quale garantiva le cure e il rimborso delle prestazioni mediche e dei farmaci da parte dello Stato.

Tuttavia, la CMU non era sempre a carattere gratuito: difatti, al di sopra di un certo reddito annuo, il beneficiario doveva versare una cotisation pari all'8% della parte di reddito eccedente.

Vi è da dire che la CMU poneva due gravi problemi di funzionamento. Il primo era relativo al fatto che, molti medici, rifiutavano di prendere in cura i pazienti beneficiari della CMU di base poiché, nei loro confronti, non potevano applicarsi delle tariffe maggiorate2.

La seconda questione era connessa alla natura residuale della CMU e spesso alla burocrazia francese. Difatti, ogni mutamento di status determinava un cambiamento nel regime di assicurazione. In tal senso, ai fini esemplificativi, si pensi al caso di una donna non lavoratrice che avesse divorziato e poi, dopo qualche mese, avesse trovato un lavoro: essa avrebbe dovuto passare in un primo momento dal regime di "avente diritto" a quello di "beneficiario di CMU" e, in un secondo momento, da quello di "beneficiario di CMU" a quello di "affiliato al regime generale di sécurité sociale".

Pertanto, ogni mutamento del proprio status determinava l'avvio di una lunga procedura burocratica per il passaggio da un regime assicurativo all'altro, nel corso della quale il soggetto non era coperto da alcuna assicurazione.

La Protection universelle maladie ha cambiato completamente il meccanismo assicurativo dei non salariati, trasformandolo da "residuale" in "generale". Detto in altri termini, chiunque abbia la residenza stabile e regolare in Francia da almeno 3 mesi è automaticamente coperto dalla protection (sotto riserva di richiesta di iscrizione all'elenco dei beneficiari il quale, tuttavia, diventa "vita natural durante" e avviene senza particolari formalità: occorre esibire il contratto di locazione o un'utenza al fine di dimostrare la propria residenza.

All'opposto, chi beneficia di un'assicurazione obbligatoria, dovrà essere sottoposto dapprima alla protection, per poi rientrare in essa immediatamente in caso di mutamento del suo status. Inoltre, non viene più richiesta l'activité minale d'assujettissement.

Da ultimo, viene abolita la figura dell' "avente diritto" (salvo il caso dei minori a carico o di affiliazione volontaria del coniuge).

Volendo procedere a trattare in merito alla qualità del servizio sanitario francese, stante le dimensioni della stessa, non si pongono dei problemi connessi alla qualità globale del servizio sanitario (preparazione dei medici, adeguatezza delle strutture di ricovero, disponibilità dei farmaci, ecc.), bensì vengono in questione delle problematiche relative all' "attualità giuridica" derivanti, da un lato, dall'evoluzione tecnologica della società e, dall'altro, dall'incontro/scontro del diritto alla salute, con diritti nuovi o nuovamente interpretati (diritto ad una morte dignitosa, diritto del feto alla nascita, diritto alla protezione dei dati personali, ecc.)3.

Invece, dal punto della "sostenibilità", il sistema francese è caratterizzato da un'assoluta particolarità in virtù di una legge costituzionale la quale ha introdotto una "Carta costituzionale dell'ambiente"4 e, all'interno della stessa, un riferimento esplicito al diritto alla salute.

In tal modo, alla tradizionale sostenibilità finanziaria, si aggiunge la sostenibilità ambientale.

Ad ogni modo, nell'effettuare uno studio sulle problematiche sottese al riconoscimento del diritto alla salute in Francia, non si può prescindere dall'effettuare dei brevi cenni in merito al problema del riconoscimento stesso di tale diritto.

Si tratta invero di un riconoscimento alquanto complesso, poiché i riferimenti al diritto alla salute nella Carta costituzionale francese sono alquanto scarsi, non sussistendo una norma analoga all'art. 32 della Costituzione italiana.

L'unico riferimento esplicito alla salute si rinviene nel preambolo della Costituzione francese del 1946, nel quale viene sancito che la Francia "garantit à tous, notamment à l'enfant, à la mère et aux vieux travailleurs, la protection de la santé. Tout être humain qui, en raison de son âge, de son état physique ou mental, de la situation économique, se trouve dans l'incapacité de travailler a le droit d'obtenir de la collectivité des moyen convenables d'existence".

Si tratta di un riferimento dal quale emerge il riconoscimento di un forte legame tra la salute e la sicurezza sociale, il quale è stato riconosciuto dal Conseil Constitutionnel quale un "objectif défini" la cui realizzazione spetta al legislatore nonché alle "autorité réglementaire" (ovver al Governo e alla pubblica amministrazione5.

Pertanto, il giudice delle leggi ha riconosciuto la sussistenza di un vero e proprio obbligo costituzionale, sebbene di portata precettiva incerta6.

Tuttavia, come è stato osservato, il diritto alla salute è profondamente connesso ad altri diritti o principi fondamentali dell'uomo, ovvero la dignità, l'uguaglianza e la libertà, tutti riconosciuti dall'ordinamento francese, non solo nel preambolo della Costituzione del 1946, ma, ancor prima, dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino del 17897.

Pertanto, se si può affermare la sussistenza, nell'ordinamento francese, di un diritto alla salute, occorre constatare tuttavia come siano incerti il significato e l'esatta portata dello stesso.

In tal senso, un contributo è fornito dal Code de la santé publique (CSP), il quale, nella sua ultima ed attuale versione8, sancisce il diritto alla salute come diritto fondamentale dell'ordinamento, prevedendo inoltre l'obbligo della sua attuazione "par tous moyens disponibles au bénéfice de toute personne", assicurando "la continuité des soins et la meilleure sécurité sanitaire possible"9.

La norma in questione riveste portata innovativa sotto diversi profili: da una parte, eleva a diritto fondamentale il diritto alla salute; riconosce il valore fondamentale ed irriducibile di tale diritto, prevedendo che lo stesso debba essere perseguito con ogni mezzo disponibile; pone il diritto alla salute in connessione diretta con il principio di uguaglianza, assicurando la garanzia "a beneficio di qualunque persona" e precisando l'obbligo, da parte delle autorità sanitarie, di garantire l'uguale accesso di ogni persona alle cure necessarie al suo stato di salute10; infine, precisa l'esigenza che il diritto di cui si discute venga garantito con cure "continuative e della migliore qualità possibile"11.

Il legislatore francese, proprio in ragione delle lacune costituzionali in materia, ha effettuato, attraverso i suoi interventi, un'opera di precisazione e di puntualizzazione del diritto alla salute. Tuttavia, tali interventi legislativi si sono rivelati insufficienti a definire il diritto in questione in maniera esauriente. Ciò determina un aumento esponenziale dell'incidenza delle decisioni della giurisprudenza costituzionale in merito alla definizione del diritto alla salute.

2. Il diritto alla salute individuale prima e dopo la "question prioritaire de constitutionnalité"

Si è molto dibattuto tra la dottrina francese in merito alla possibilità di considerare il diritto alla salute quale diritto soggettivo.

In particolare, si rinveniva la difficoltà di individuare delle risposte certe nella giurisprudenza costituzionale, anche in ragione del fatto che, fino a poco tempo fa, nell'ordinamento francese non veniva concepita la possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale a posteriori: pertanto, era esclusa ai cittadini la possibilità di intervenire nel giudizio di costituzionalità.

Proprio in tal senso, autorevole dottrina francese si è posta la problematica relativa agli effetti dell'introduzione della question prioritaire de constitutionnalité - ovvero del giudizio in via incidentale - sulla giurisprudenza relativa al diritto alla salute individuale e pubblica.

Di recente, un giurista francese ha indagato sugli effetti sul diritto alla salute del potenziale ampliamento dei poteri interpretativi del giudice costituzionale. Al riguardo, come è stato osservato, con la question prioritaire de constitutionnalité, la funzione del Conseil constitutionnel non si limita più, in via di principio, ad interpretare preventivamente e in astratto la Costituzione, il che potrebbe fornire al Conseil l'opportunità di consacrare la dimensione soggettiva dell'art. 11 del Preambolo del 194612.

Tuttavia, le conclusioni cui giunge tale dottrina sono di stampo negativo, nel senso di ritenere che le decisioni adottate nell'ambito della question in materia di diritto alla salute non hanno cambiato l'approccio del Conseil in materia di diritto alla salute13, né dal punto di vista quantitativo, né da quello qualitativo.

Contraria è altra parte della dottrina, secondo la quale la question è stata un terreno di mobilizzazione del diritto alla salute, sebbene il Conseil la utilizzi piuttosto dal punto di vista dell'ordine pubblico, al fine di limitare i diritti degli individui, piuttosto che esigere un recupero delle esigenze legislative favorevoli ad un diritto soggettivo14.

Da ultimo, vi è stato chi ha osservato che, piuttosto che sulla giurisprudenza costituzionale, l'introduzione della question abbia prodotto effetti soprattutto su quella della Cassazione la quale - proprio sulla tematica dei diritti sociali - ha sempre più fatto riferimento alle pronunce del Conseil al fine di interpretare, in maniera estensiva, le disposizioni che rientrano nel "bloc constitutionnel".

A questo punto, poiché l'introduzione della question non ha avuto influenze rilevanti in merito al riconoscimento di un diritto soggettivo alla salute da parte del Conseil, occorre ricordare alcune decisioni antecedenti all'introduzione della question, le quali rappresentano la base su cui si è formata la giurisprudenza in materia.

La prima sentenza da esaminare è la celebre decisione del 1975 sull'interruzione volontaria della gravidanza15. Tale decisione, ha previsto che la possibilità di abortire "sans autres conditions que de forme", durante le prime dieci settimane di gravidanza, fosse incostituzionale per violazione dei principi previsti nel Preambolo della Costituzione del 1946 e delle disposizioni di cui all'art. 2 CEDU.

In particolare, il Conseil, rigettando la questione, ha affermato che "alcune delle deroghe previste da tale legge ignorano il principio enunciato nel preambolo della Costituzione del 27 ottobre 1946, secondo il quale la nazione garantisce ai minori la protezione della salute".

L'affermazione riportata rappresenta, innanzitutto, la prima applicazione giurisprudenziale dell'art. 11 del Preambolo, ai fini del riconoscimento del diritto alla salute16.

Autorevole dottrina ha ritenuto che, inoltre, in essa vi sarebbe il primo riconoscimento - sebbene espresso soltanto in maniera parziale - di un diritto alla salute individuale e, in particolare, del diritto soggettivo alla salute del bambino: "il diritto alla protezione della salute è altresì riconosciuto ai minori, in modo che tale qualità è applicabile a tutti gli esseri di cui la salute è distinta da quella di sua madre, ovvero ad esclusione dell'embrione"17.

La seconda pronuncia da prendere in considerazione ha ad oggetto la Legge n. 78-49 del 19 gennaio 1978 relativa al pagamento mensile. I ricorrenti ritenevano che l'art. 7 della legge menzionata, nel prevedere la possibilità di una contro-visita medica nei confronti del lavoratore assente, violasse il diritto alla salute dell'individuo, garantito dal preambolo della Costituzione.

In tal caso, vi è un espresso riferimento al "diritto alla salute individuale", fatto derivare proprio dal Preambolo.

Tuttavia, la questione sarà rigettata dal Conseil, ritenendo che "aucune de ces dispositions ne méconnaît davantage le droit à la santé". In tal modo, non viene negata l'esistenza di un diritto alla salute dell'individuo, sembrando invece riconoscerne implicitamente la sussistenza e il fondamento costituzionale.

Con una sentenza del 2001, ancora relativa all'interruzione volontaria di gravidanza, il Conseil è tornato di nuovo sulla tematica del diritto alla salute individuale18. In tal caso, la contestazione riguardava la Legge n. 2001-588 del 4 luglio 2001 relativa all'interruzione volontaria della gravidanza e alla pillola contraccettiva, la quale allungava da dieci a dodici settimane il periodo entro cui poter effettuare l'aborto.

Il Conseil rigettò la questione, prevedendo che: "se l'interruzione volontaria della gravidanza rappresenta un atto medico più delicato, in quanto interviene tra la decima e la dodicesima settimana, essa può essere praticata, allo stato attuale delle conoscenze e delle tecniche mediche, nelle condizioni di sicurezza tali per cui la salute della donna non si trova in pericolo".

Con tali assunti, il giudice delle leggi afferma la sussistenza, anche in capo alle donne, di un diritto alla salute individuale, facendo riferimento, anche in tal caso, all'art. 11 del Preambolo.

3. Il diritto alla salute pubblica

Con riguardo al diritto alla salute pubblica, la prima pronuncia che occorre ricordare rappresenta il punto di partenza di ogni osservazione in materia.

Il riferimento è alla decisione n. 80-117 del 21 luglio 1980, relativa all'art. 6 della Legge n. 572/1980 sulla protezione e i controlli dei materiali nucleari.

La legge in questione prevede, al terzo comma, che la violazione volontaria, da parte di soggetti coinvolti a qualsiasi titolo negli stabilimenti nei quali sono detenuti materiali nucleari, delle regole imposte dal gestore dello stabilimento o delle persone e dei beni, può determinare la risoluzione del legame contrattuale o statutario delle persone coinvolte, anche in ossequio a quanto disposto nei relativi statuti o contratti.

Secondo i ricorrenti, tale norma avrebbe rappresentato una violazione del principio di legalità in materia di limiti al diritto di sciopero, attribuendo ad un'autorità incompetente (il gestore dello stabilimento), la possibilità di decidere le ipotesi nelle quali consentire o meno l'esercizio del diritto in questione.

Nel pronunciarsi su tale questione, il Conseil ha affermato, per la prima volta, che "il diritto di sciopero non potrebbe avere per effetto quello di ostacolare il potere del legislatore di apportare allo stesso le limitazioni necessarie al fine di assicurare la protezione della salute e della sicurezza delle persone e dei beni, protezione che, così come il diritto di sciopero, presenta il carattere di un principio dal valore costituzionale".

Secondo la dottrina francese, mediante tale pronuncia, il Conseil ha introdotto un nuovo "principio di valore costituzionale"19, ovvero quello della protezione della salute pubblica, da distinguersi dalla tutela della salute individuale.

L'espressione "salute pubblica", la quale, in realtà, non compare nella sentenza del 1980, verrà poi espressamente utilizzata dal giudice costituzionale in successive decisioni, alcune particolarmente rilevanti come, ad esempio, la decisione n. 283/1990, dell'8 gennaio 1991 relativa alla Legge n. 616/1976 riguardante la lotta contro il fumo e, nello specifico, l'art. 2 della stessa, la quale vietava ogni forma di propaganda, sponsorizzazione o pubblicità, diretta o indiretta, in favore del tabacco o dei prodotti del tabacco, nonché qualsiasi distribuzione gratuita di quest'ultimo.

In più, venivano introdotte delle forti limitazioni alla pubblicità dei prodotti alcolici, vietandone la sponsorizzazione ed enumerando in via tassativa i pochi casi nei quali ne veniva concessa la pubblicità e la propaganda.

In particolare, i ricorrenti ritenevano che vi fosse stata una lesione della libertà di impresa, nonché degli artt. 2 e 27 (aventi ad oggetto il diritto di proprietà) nonché 1 e 16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.

In merito, il Conseil, sebbene ammettesse la contrarietà delle disposizioni impugnate al diritto di proprietà, rigettò la questione, affermando che "l'evoluzione che ha conosciuto il diritto di proprietà è stata caratterizzata da alcune limitazioni al suo esercizio previste a tutela dell'interesse generale; che sono particolarmente mirate sotto tale aspetto le misure destinate a garantire a tutti, in conformità all'art. 11 del Preambolo della Costituzione del 27 ottobre 1946, "la tutela della salute", che "tali disposizioni trovano il loro fondamento nel principio costituzionale di tutela della salute pubblica", che il "divieto delle altre forme di pubblicità o di propaganda si fonda su esigenze di tutela della salute pubblica, aventi valore costituzionale" e che "tali restrizioni si fondano su un obbligo di protezione della salute pubblica, principio di valore costituzionale".

In tal modo, viene a configurarsi in via definitiva un diritto alla tutela della salute pubblica, ritenuto dal Giudice costituzionale quale espressione particolare dell' "interesse generale".

All'opposto di quanto si evinceva dalla lettura della decisione del 1980, nella decisione n. 283/1990 il diritto in questione viene espressamente riferito all'art. 11 del Preambolo, sebbene ancora non perda la qualifica di "principio di valore costituzionale".

Un'evoluzione in tal senso si ebbe soltanto con la decisione del 199320, riguardante le Legge n. 1027/93 relativa alla materia dell'immigrazione e alle condizioni di ingresso, di accoglienza e di soggiorno degli stranieri in Francia21.

Tale intervento legislativo introduce delle forti restrizioni in merito al diritto dell'immigrazione, al fine di ridurre le garanzie sociali e le possibilità di regolarizzare gli immigrati irregolari.

In tal senso, ai fini esemplificativi, l'art. 32 prevedeva che soltanto gli stranieri in posizione regolare potessero beneficiare in via gratuita del servizio sanitario nazionale, mentre quelli in posizione irregolare avrebbero dovuto sostenere le spese dei servizi di assistenza ricevuti (determinandosi in tal modo, secondo i ricorrenti, un arricchimento senza causa delle casse della sicurezza sociale).

Altre limitazioni erano previste con riguardo al diritto al ricongiungimento, tra le quali quella secondo cui "gli stranieri che soggiornano in Francia sotto la copertura di un titolo di soggiorno avente la dicitura "studente" non possono beneficiare di un rincongiungimento familiare".

Proprio nel ritenere tale disposizione contraria all'art. 10 del Preambolo del 1946 ("La Nazione assicura all'individuo e alla sua famiglia le condizioni necessarie al loro sviluppo), il Conseil ha stabilito che: "ciò che si ricava da tale disposizione è che gli stranieri di cui la residenza in Francia è stabile e regolare hanno, come i cittadini, il diritto di condurre una vita familiare normale: che tale diritto comporti il particolare la facoltà per questi stranieri di fare venire da loro i propri congiunti e i loro figli minori sotto riserva di divieti finalizzati alla salvaguardia dell'ordine pubblico e a protezione della salute pubblica, le quali rivestono il carattere di obiettivi di valore costituzionale".

Pertanto, con la pronuncia in questione, il Conseil arriva a definire il diritto alla salute pubblica quale "obiettivo di valore costituzionale", abbandonando la precedente qualificazione di "principio di valore costituzionale".

Inoltre, in tale decisione, il diritto alla salute pubblica sembrerebbe non essere connesso all'interesse generale il che, se da una parte rende possibile l'uso giurisprudenziale del diritto in questione senza l'effettuazione di un "test di proporzionalità", dall'altra, sembra discostarsi dalla definizione tradizionale della nozione di "objectif de valeur constitutionnelle"22.

4. La risposta francese all' "état d'urgence sanitaire" dovuto alla diffusione del Covid-19.

La pandemia cagionata dalla diffusione del virus Covid-19 ha colto la Francia e gli altri Paesi europei ed extrauropei di sorpresa, essendo impreparati a gestire un'emergenza sanitaria di tale portata come quella attuale.

Difatti, la crisi determinata dalla situazione emergenziale ha posto a dura prova i sistemi sanitari del mondo, facendo emergere le carenze di ognuno di essi come della Francia la quale, sebbene vanti un sistema welfare particolarmente efficiente, si è trovata a dover fare i conti con una drammatica emergenza su cui pesano tutti gli errori commessi nel passato e nel presente.

Tuttavia, occorre constatare come, rispetto all'Italia, la Francia sembra essere riuscita, per certi aspetti, a gestire meglio la situazione pandemica, grazie ad esempio alla scelta di un sistema sanitario centralizzati, anche se strutturato a livello territoriale (regionale e dipartimentale), che è apparsa premiante rispetto all'opzione italiana di una devolution sanitaria, nella quale ogni regione ha una sanità a sé23.

Ed invero, la centralizzazione sembra aver assicurato una gestione della sanità pubblica più omogenea. In Francia è presente un'organizzazione sanitaria nella quale gli ospedali possono essere di proprietà pubblica o appartenere ad organizzazioni con o senza fini di lucro, ma nella quale lo Stato conserva un ruolo di sorveglianza, anche all'interno degli ospedali privati che devono rispettare dei criteri di qualità certificato ogni quattro anni dalla Haute Autorité de santé.

In Lombardia invece, la quale è stata la regione italiana colpita più duramente dall'epidemia, il sistema sanitario regionale - fondato per lo più da strutture private - ha mostrato i suoi limiti di fronte all'emergenza.

Da ultimo, anche la distribuzione dei centri di rianimazione su tutto il territorio al posto di una loro concentrazione esclusiva nei grandi presidi ospedalieri pubblici e privati ha concesso di gestire al meglio, rispetto all'Italia, i ricoveri in terapia intensiva.

Tuttavia, diverse scelte di politica sanitaria compiute in passato - come il mancato adeguamento a far data dal 2011 del piano nazionale contro le pandemie - ed altre nel presente in piena emergenza - come quella di non effettuare un continuo e regolare controllo di medici e personale sanitario particolarmente a rischio di contrarre e diffondere il virus e quella di non svolgere diagnosi in laboratorio in maniera sistematica e meticolosa - si sono rivelate errate, come dimostrato dall'elevato numero dei contagi e quello delle persone morte in Francia.

Dal punto di vista dei provvedimenti adottati dal Governo francese per contrastare la diffusione del contagio, da metà marzo del 2020 sono stati emanati provvedimenti normativi di varia natura: leggi, atti consiliari e ministeriali, mediante i quali il Governo francese, senza l'intervento del Parlamento, ha cercato di gestire l'emergenza in ogni aspetto della vita sociale, politica, economica, ecc., anche restringendo dei diritti di carattere costituzionale: si tratta di misure della cui compatibilità con i principio del costituzionalismo liberale (principio della riserva di legge) si è ampiamente dubitato.

Per prima cosa, si può evidenziare come la Loi n. 2020-290 del 23 marzo 2020 e il Décret n. 2020-293 dello stesso giorno, approvato sulla base di quest'ultima, rappresentano una sorta di spartiacque tra due diversi momento: un primo momento, caratterizzato da una risposta "moderata"24 della Francia alla pandemia che già stava dilagando e, un secondo momento, in cui si assiste ad una presa di coscienza riguardo alla necessità di introdurre misure di carattere eccezionale.

Fino al 23 marzo, la Francia sembra quasi aver tentato di evitare uno scenario simile a quello italiano nel quale il lockdown era stato previsto sin dal 10 marzo, preferendo attuare una sorta di "semi-quarantena", come dimostrato, ad esempio, dal fatto che, nonostante si fossero assunti già dei provvedimenti come quello di chiusura delle scuole, il Presidente Macron abbia comunque consentito che, in data 15 marzo, si svolgessero le elezioni comunali.

Difatti, in un primo momento, le autorità francesi hanno preferito non prevedere un vero e proprio divieto di circolazione, limitandosi a raccomandare ai cittadini di ridurre al minimo gli spostamenti, disincentivando la circolazione delle persone attraverso la sospensione degli esercizi pubblici e dei luoghi di intrattenimento, ad eccezione per le elezioni amministrative25.

In buona sostanza, le misure restrittive della libertà costituzionale di circolazione sono state introdotte soltanto con riguardo a casi specifici, come il provvedimento di messa in quarantena delle persone provenienti dalla città cinese di Wuhan adottato tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio 2020 o la proibizione rivolta alle navi di crociera e alle navi passeggeri con a bordo più di cento persone di fare scalo in Corsica o presso i dipartimenti e le regioni d'oltre-mare, in ragione del carattere insulare di tali territorio e dei maggiori rischi a cui sarebbero stati esposti i relativi sistemi sanitari in caso di diffusione del virus.

Soltanto con l'arrêté del Ministero della Sanità del 14 marzo 2020 è stata disposta la chiusura di tutte le scuole, degli asili nido, dell'università, rappresentando uno shock non solo simbolico per il Paese.

L'arresto dell'istruzione di ogni ordine e grado ha rappresentato il primo passo verso l'introduzione di restrizioni più rigorose rispetto a quelle stabilite fino a quel momento per contenere la pandemia.

Di fronte all'aumento del numero dei contagi e delle morti in Francia, il Governo, in data 16 marzo 2020, ha varato delle significative misure di contrasto alla diffusione del contagio, disponendo il lockdown della popolazione francese dalle ore 12 del giorno successivo.

In questo caso, il Governo vietata ogni tipo di spostamento al di fuori del domicilio, fatta eccezione per gli spostamenti motivati da esigenze di lavoro, di prima necessità, di carattere familiare, purché posti in essere nel rispetto delle misure generali di prevenzione della diffusione del virus, ed evitando assembramenti di persone.

Inoltre, il decreto in questione, in un primo momento, aveva mantenuto la possibilità di uscire di casa "per motivi di salute", nonché di effettuare spostamenti brevi, in prossimità del domicilio, legati ad attività fisiche individuali e ai bisogni degli animali di compagnia.

La svolta decisiva si ebbe con la già menzionata Loi n. 2020-290 del 23 marzo 2020, mediante la quale la Francia entrò ufficialmente per due mesi nello stato di urgenza sanitario, mediante la formalizzazione di un nuovo regime d'urgenza in cui erano previste restrizioni alla libertà di circolazione, di riunione e di impresa, nonché le sanzioni da applicare in caso di violazione di tali regole di confinamento.

La legge in questione rappresenta un momento di rottura con la fase precedente, non soltanto per aver adottate delle misure pregnanti per il contenimento del virus, finalizzate a disciplinare numerosi aspetti della vita sociale, economica e politica toccati dall'emergenza sanitaria, ma anche per aver offerto la base giuridica legislativa di tutti i provvedimenti normativi successivi, deliberati per fronteggiare la crisi sanitaria.

Occorre evidenziare il fatto che il governo francese non ha voluto ricorrere agli strumenti che l'ordinamento giuridico transalpino pone a disposizione delle istituzioni per la gestione delle emergenze; pertanto, la compressione dei diritti costituzionali come la libertà di circolazione, la libertà di riunione e la libertà di iniziativa economica che il Covid-19 doveva essere legittimata con un "solito ancoraggio legislativo"26, anche in considerazione del fatto che, l'art. 34, primo comma, Cost francese - ripercorrendo lo schema della riserva di legge27, assegna al Parlamento il compito di fissare in via esclusiva le regole riguardanti la disciplina dei diritti civili e delle garanzie fondamentali riconosciute ai cittadini per l'esercizio delle libertà pubbliche.

La legge n. 2020-290 si è presentata come un corposo provvedimento finalizzato a gestire nello specifico l'emergenza Covid-19, sia mediante dei rinvii espressi al Code de la santé publique, così come modificato dalla stessa legge, sia per mezzo di disposizioni rinvenibili direttamente in seno all'atto legislativo in questione. Inoltre, il Parlamento ha autorizzato l'impiego di un variegato sistema di fonti a cui è possibile ricorrere per attuare la normativa primaria, composto da décrets, arrêtes e ordonnances, il quale ha permesso di mettere in piedi un vero e proprio arsenale di misure d'urgenza al fine di fronteggiare in concreto la crisi sanitaria in corso.

Procedendo ad esaminare nel dettaglio il contenuto della legge in commento, l'aspetto più significativo che va immediatamente colto è rappresentato dalla previsione del nuovo regime di "stato di emergenza sanitaria" (état d'urgence sanitaire), con il quale il legislatore, modificando il Code de santé publique del 2000, riconosce al Governo la possibilità di esercitare un ampio ventaglio di poteri necessari per gestire al meglio la crisi sanitaria causata dal Covid-19.

Ai sensi dell'art. L. 3131-15 del Code de santé publique, introdotto ex novo dall'art. 2 della legge in esame, il Primo Ministro può, in tal senso, stabilire per decreto delle misure finalizzate sia a limitare le libertà di circolazione, di iniziativa economica e di riunione (comprese quelle che vietano di uscire da casa salvo che per i motivi specificati nei provvedimenti), che a consentire la requisizione di tutti i beni e servizi necessari per porre fine al disastro sanitario e controllare temporaneamente i prezzi.

Viene espressamente precisato, tuttavia, che le misure deliberate devono essere strettamente proporzionate ai rischi sanitari in corso, nonché appropriate alle circostanze di tempo e di luogo, dovendo terminare senza alcun ritardo quando lo stato di necessità che ne ha giustificato l'assunzione è cessato. Si tratta, in quest'ultimo caso, di criteri indispensabili, sebbene non sconosciuti all'ordinamento francese28, al fine di poter porre argini alla compressione delle libertà fondamentali e adottare così misure il meno penalizzanti possibile rispetto allo scopo che si intende perseguire.

In tal senso, la norma sottolinea sostanzialmente la necessità di stabilire in modo rigoroso un nesso tra la situazione emergenziale e gli strumenti impiegati per farvi fronte, in modo da consentire che i medesimi possano essere valutati come proporzionati e cioè non eccedenti quanto è indispensabile per superare l'emergenza.

La legge in questione prevede, di fatto, tre gradi di intervento che vanno dai poteri della polizia amministrativa generale ai poteri della polizia amministrativa speciale, tutti riconducibili ad un'idea unitaria di ordinamento nel quale i poteri di gestione della crisi non vengono distribuiti fra potere centrale e potere locale29, bensì sono riservati allo Stato e, a livello locale, ai Prefetti, in qualità di rappresentanti del Governo30.

Oltre al potere - appena visto - del Primo Ministro di deliberare con decreto, sulla relazione del Ministro della Solidarietà e della Salute, l'adozione di varie misure restrittive nelle aree individuate dall'art. L. 3131-15, si riconosce infatti al Ministro della sanità il compito di prescrivere - fatta eccezione per le misure di esclusiva competenza del Primo Ministro - varie misure di polizia amministrativa speciale (art. L. 3131-16, introdotto anche'esso dall'art. 2 della legge del 23 marzo 2020).

Con arrêté motivato, il Ministro della Solidarietà e della Salute può, infatti, adottare nei distretti territoriali in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza sanitaria, misure "strettamente necessarie e proporzionate ai rischi sanitari sostenuti e adeguate alle circostanze del tempo e del luogo"31.

Nel caso in cui il Primo Ministro e il Ministro della Solidarietà e della Salute dispongano le misure menzionate, possono autorizzare il Prefetto del dipartimento territorialmente competente a prendere tutte le misure generali o individuali per l'applicazione di tali disposizioni.

Nel particolare caso in cui le misure previste dal Code debbano applicarsi limitatamente ad un ambito geografico che non supera il territorio di un dipartimento, le autorità menzionate negli artt. 3131-15 e 3131-16 possono autorizzare il Prefetto a decidere di propria iniziativa, dopo aver consultato il Direttore generale dell'Agenzia Sanitaria Regionale.

Al fine di garantire la piena trasparenza delle decisioni pubbliche prese, l'Assemblea Nazionale e il Senato devono essere informati subite delle misure adottate dal Governo, potendo richiedere ogni informazione necessaria nell'ambito del controllo e della valutazione di tali misure.

Inoltre, nel codice sanitario emendato, viene aggiunta la disposizione secondo cui la proroga della durata iniziale dello stato di urgenza sanitaria, fissata per un mese, debba autorizzarsi soltanto ed esclusivamente con legge.

A tale proposito si può osservare che se l'art. 3131-13, comma 3 del codice sanitario fa riferimento ad una durata dello stato di emergenza corrispondente a 30 giorni, l'art. 4 della Legge 2020-290 è intervenuto subito a fissare una deroga ex lege, prevedendo in particolare che lo stato di urgenza sanitaria dovrà persistere per due mesi dall'entrata in vigore della legge stessa, facendo salva la possibilità per il Consiglio dei Ministri, con proprio decreto, di mettere fine allo stato di emergenza sanitaria prima di tale termine.

La legge ha attribuito poi particolare rilevanza al ruolo delle conoscenze scientifiche, prevedendo l'istituzione di un comitato scientifico composto da tre membri nominati, rispettivamente, dal Presidente della Repubblica e dei Presidenti dell'Assemblea Nazionale e del Senato, nonché da un numero non predeterminato di personalità qualificate nominate con decreto del Presidente della Repubblica, avente il compito di emettere in via periodica dei pareri in merito allo stato del disastro sanitario, ai dati scientifici riguardanti lo stesso e alle misure necessarie alla sua gestione, nonché alla durata della loro applicazione.

I pareri resi dagli esperti scientifici dovranno essere resi pubblici senza ritardo: si tratta di una scelta di trasparenza, la quale contribuisce a mantenere la fiducia della popolazione nei confronti del comitato e, più in generale, della scienza.

Il comitato in questione è stato nominato al fine di gestire lo stato di emergenza sanitaria e, pertanto, lo stesso deve essere sciolto in caso di cessazione della crisi sanitaria.

Infine, occorre focalizzare l'attenzione sull'art. 11 della legge in commento il quale, effettuando un rinvio all'art. 38 della Costituzione francese, consente al Governo di assumere per ordinanza - e, pertanto, mediante un atto che, a differenza dei decreti, è parificato alla legge - ogni misura che rientri normalmente nell'ambito di applicazione della legge, con effetto retroattivo, qualora occorra, dal 12 marzo 2020 e con la possibilità di estenderle ed adattarle alle comunità d'oltremare di cui all'art. 72, comma 3, Cost.

In particolare, le ordinanze possono essere approvate al fine di fronteggiare le conseguenze economiche, finanziarie e sociali della diffusione del Covid-19 e alle conseguenze derivanti dalle misure prese per contenere tale diffusione; per tutelare la continuità della protezione delle persone con disabilità e degli anziani che vivono in casa o in un istituto o servizio sociale e medico-sociale, nonché dei minori e degli adulti che vivono in condizioni di povertà; per assicurare la continuità del pagamento degli indennizzi che spettano alle vittime di amianto, incidenti medici, ecc.; per inserire misure necessarie all'assistenza dei genitori che devono continuare a svolgere la propria attività lavorativa e necessitano di forme di assistenza e di accoglienza per i propri figli piccoli.

Occorre poi ricordare la Legge n. 2020-546, con la quale è stata dichiarata la proroga dello stato di emergenza sanitaria. Il nuovo provvedimento legislativo è intervenuto anche in materia di responsabilità penale delle persone, con particolare riguardo ai datori di lavoro e alle autorità locali, nell'ambito di emergenza sanitaria; ha introdotto nelle nuove norme in materia di viaggi, trasporti e apertura di stabilimenti aperti al pubblico e luoghi di incontro, in vista del deconfinamento; ha disciplinato in modo specifico la quarantena e l'isolamento, in vista della progressiva riapertura della nazione; ha ampliato l'elenco delle persone abilitate all'accertamento delle violazioni delle misure di emergenza relative allo stato di salute; ha previsto la creazione di un sistema informativo di raccolta dei dati relativi alle persone colpite dal virus e ai soggetti che sono stati in contatto con esse.

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1 Cfr. M. Theobald, La France championne européenne des dépenses de protection sociale, in www.LeFigaro.fr., 21 dicembre 2016, il quale ricorda come, nel 2014, essa rappresentava il 34,4% del PIL.

2 Cfr. O. Auguste, Des médecins accusés de sélectionner les patients, in LeFigaro, 25 maggio 2009.

3 Cfr. S. Hennette-Vauchez, Bioétique et Constitution, in B. Mathieu (a cura di), 1958-2008. 50° anniversaire de la Constituion française, Parigi, 2008, p. 505.

4 Si tratta della Charte de l'environnement de 2004, ove si legge, all'art. 1 che "chacun a le droit de vivre dans un environnement équilibré et respecteux de la santé".

5 Cfr. Décision n° 89-269 DC du 22 janvier 1990, Cons. n. 26

6 In tal senso C. Severino, Migrations internationales et justice constitutionnelle, in AA.VV., Annuaire International de Justice Constitutionnelle - XXXII 2016, Parigi, 2017, p. 307.

7 Cfr. B. Mathieu, La protection du droit à la santé per le juge constitutionnel, in Cahiers du Conseil constitutionnel, n. 6, 1999, ove si legge testualmente che "le droit à la santé est profondément lié à des droits ou principes "consubstantiels" à l'homme : la dignité, l'égalité et la liberté".

8 Difatti, il Code è stato sottoposto a numerose modifiche, l'ultima delle quali è intervenuta con la Loi de modernisation de notre système de santé - Legge n. 41 del 26 gennaio 2016 - la quale rappresenta il più recente intervento legislativo in materia e dalla quale è derivata un'importante decisione del Conseil, ovvero la decisisone n. 2015-727 DC del 21 gennaio 2016.

9 Cfr. Art. L 1110-1

10 Tale concetto viene poi ribadito all'art. L 1110-3, secondo il quale "aucune personne ne peut faire l'objet de discriminations dans l'accès à la prévention ou aux soins"

11 Cfr. M.L. Moquet-Anger, La continuité et l'accès aux services de santé, in Revue de droi sanitaire et social, 2013, p. 21.

12 Così BLACHEER P.H, Le droit à la protection de la santé dans la jurisprudence du Conseil constitutionnel, in Médecine & Droit, novembre-dicembre - 2016, p. 134.

13 Cfr. BLACHEER P.H., Le droit à la protection de la santé dans la jurisprudence du Conseil constitutionnel, cit., p. 136

14 Ibidem.

15 Cfr. Décision n° 74-54 DC del 15 gennaio 1975.

16 Cfr. TURPIN D., Le droit de grève face à un nouveau "principe de valeur constitutionnelle, in Droit social, n. 11, 1980, p. 446.

17 Cfr. JUAN S., L'objectif à valeur constitutionnelle du droit à la protection de la santé: droit individuel ou collectif?, in Revue du droit public, n. 2, 2006.

18 Cfr. Décision n° 2001-446 DC del 27 giugno 2001.

19 Con tale espressione, nel gergo del Conseil, si vogliono indicare tutte le norme che, sebbene non contenute nel corpo della stessa Costituzione, presentano rango costituzionale.

20 Décision n° 93-325 DC del 13 agosto 1993,

21 In tal senso BÉLANGER M., L'accès aux soins de santé en France des étrangers ressortissants non communautaires, in Revue de droit sanitaire et social, 1994, p. 422

22 L'assenza di un test di proporzionalità, tra l'altro, è stata criticata da parte della dottrina secondo cui il Conseil non avrebbe dovuto accontentarsi di una semplice "justification des restrictions" ma avrebbe dovuto interrogarsi sulla "nécessité" delle stesse (come, peraltro, era stato richiesto dei ricorrenti).

23 Cfr. FERRARA R., Salute e sanità, in RODOTA' S., ZATTI P., Trattato di biodiritto, Milano, 2020, p. 39.

24 Con un Arrêté du 4 mars 2020 portant diverses mesures relatives à la lutte contre la propagation du virus covid-19, il Ministero della Solidarietà e della Salute si è limitato a vietare ogni assembramento che prevedesse la presenza contestuale di più di 5.000 persone in un ambiente chiuso. Successivamente il 9 marzo, con un nuovo provvedimento (Arrêté du 9 mars 2020 portant diverses mesures relatives à la lutte contre la propagation du virus covid-19), il Ministero ha ridotto il numero massimo di partecipanti a mille e ha esteso il divieto anche agli assembramenti in luogo aperto.

25 Cfr. GALLARATI F., Le libertà fondamentali alla prova del coronavirus. La gestione dell'emergenza sanitaria in Francia e Spagna, in CUOCOLO L. (a cura di), Dossier "I diritti costituzionali di fronte all'emergenza Covid-19. Una prospettiva comparata", in Federalismi.it, 31 marzo, 2020, p. 42

26 Cfr. RENARD S., L'état d'urgence sanitaire: droit d'exception et exceptions au droit, in www.revuedlf.com, n. 13, 2020.

27 Cfr. AMODIO C., Au nom de la loi: l'esperienza giuridica francese nel contesto europeo, Torino, 2012, passim.

28 Cfr. NICOLICCHIA F., Il principio di proporzionalità nell'era del controllo tecnologico e le sue implicazioni processuali rispetto ai nuovi mezzi di ricerca della prova, in Diritto penale contemporaneo, 8 gennaio 2018, p. 3.

29 Cfr. BALBONI E., Autonomismo e centralismo nella lotta contro la pandemia coronavirus, in Astrid-online, 9 aprile 2020.

30 Si veda MANGIAMELI S., La rappresentanza territoriale dello Stato nei diversi modelli costituzionali. Italia, Francia e Spagna a confronto, Relazione presentata al Convegno su "Lo Stato in periferia e l'assetto del governo regionale e locale", organizzato da Italiadecide alla Camera dei Deputati il 22 ottobre 2012.

31 Cfr. MANDATO M., Il rapporto Stato-Regioni nella gestione del COVID-19, in Nomos, n. 1, 2020.