LE GUERRE DI RELIGIONE TRA IERI ED OGGI

01.09.2021

Dott.ssa Flavia Lombardi

Le ultime notizie dall'Afghanistan ci richiamano alla mente le guerre di religione. I talebani sono dei guerrieri che si battono per il loro credo e, per quanto ora possa sembrare assurdo, questa tipologia di guerrieri e questa tipologia di guerra non sono nuove né all'Europa né al cristianesimo.

Lungi dal voler svolgere ora riflessioni sull'attuale momento storico, vorrei qui richiamare alla mente la nostra storia.

Durante il Medioevo raggiungono l'apice del potere e del "successo" i c.d. soldati della cristianità, i quali non combattevano solo per ricavare terre e denaro, ma soprattutto per difendere la propria religione, la propria fede.

Fu così che nacque l'istituzione degli ordini monastici militari, un'istituzione che fosse al tempo stesso sia un ordine monastico che una confraternita di cavalieri (1).

Orbene, la compatibilità fra cristianesimo e violenza è sempre stata al centro di un intenso dibattito, ora come allora.

Come noto, infatti, i precetti fondamentali del cristianesimo richiedono di vivere amando il prossimo, amando persino i propri nemici, eppure, in quel preciso periodo storico, il cristianesimo venne a coniugarsi con un sistema politico che da sempre confidava nella propria supremazia militare.

Questo connubio fu reso possibile dalla convinzione che le guerre, per essere lecite, dovevano essere guerre difensive o comunque volte a riconquistare territori perduti, dovevano essere bandite da un'autorità legittima e intraprese da guerrieri animati da propositi virtuosi.

Il concetto di guerra giusta fu precisato in modo nitido da San Tommaso d'Aquino a cui si rifece palesemente anche il maggiore giurista della scuola del Commento Bartolo da Sassoferrato. Tre condizioni sono necessarie a configurare la guerra giusta: l'auctoritas superioris (ossia il consenso imperiale o pontificio), la iusta causa (difesa, riparazione di un torto, tutela di diritti), la recta intentio (sconfiggere il nemico ma limitare distruzioni, eccidi, crudeltà, vendette ecc.) (2).

Orbene, dal momento che un alone di mistero avvolge il Medioevo e che tanti sono stati gli autori, i registi che si sono cimentati nello studio e nell'iconografia del medioevo e della cavalleria, in questo breve articolo vorrei ripercorrere la storia della cavalleria, senza alcuna presunzione di esaustività data la vastità dell'argomento.

Orbene, in via preliminare, corre l'obbligo di evidenziare che è possibile distinguere una cavalleria storica e una leggendaria (3).

Per la cavalleria leggendaria, le avventure dell'eroe protagonista sono molto simili ad un percorso iniziatico.

Per la maggior parte degli autori, le radici di questa cavalleria affondano nel ciclo di re Artù e nella ricerca del Sacro Graal (4) ovvero nei miti celtici.

Tutte queste leggende nascevano perché, all'epoca, soddisfacevano il bisogno dell'uomo di darsi una spiegazione sull'origine dell'uomo e del mondo.

Diversi dai cavalieri leggendari sono i cavalieri biblici, in particolare quelli dell'Apocalisse, figure simboliche introdotte nel vangelo e successivamente presenti nel medioevo, fino alla cultura contemporanea. Questi cavalieri rappresentano forze attive, idonee a sconvolgere la storia. Ogni cavaliere è legato a un male che tormenta l'umanità, i loro nomi sono "Giustizia, Guerra, Carestia e Morte" ed essi cavalcheranno sulla Terra il giorno dell'Apocalisse per dare inizio alla fine del mondo (5).

Storicamente, invece, il cavaliere apparteneva a classi elevate e nobili e manteneva tutto l'apparato di vestimenti, armi, paggi e scudieri, spesso veniva considerato un eletto anche in senso morale, un soggetto con alti ideali che aiutava e portava conforto ai più deboli, debellava il male e sfidava tutti i pericoli (6).

Significativa è la definizione della cavalleria data da Cardini secondo cui "Fu l'unione di un genere di vita e di una specializzazione professionale con una missione etica e un programma sociale, a fare il cavaliere medievale: unione di prodezza e di saggezza, di esercizio della forza e di culto della giustizia" (7).

La cavalleria, ad onor del vero, non nasce nel Medio evo bensì in epoca assai più antecedente.

Ed infatti, l'immagine del guerriero e del cavallo risale addirittura alla preistoria, sia a livello simbolico sia a livello di pratiche di vita e combattimento (8).

Già in epoca romana l'esercito comprendeva la cavalleria, l'equites, sebbene la stessa avesse solo un ruolo di supporto alla fanteria. In particolare, la cavalleria era solo di supporto perché, comunque, per via della conformazione del territorio, fatto di zone montuose, l'uso dei cavalli sarebbe stato molto difficile.

Le cavallerie del periodo classico ossia dell'epoca romana, sono di tipo leggero e hanno come ruolo quello di inseguire l'avversario e affrontarlo non frontalmente ma alle spalle o lateralmente. Ciò si evinceva anche dall'armatura leggera del cavaliere e dal gladium, talvolta dalla parma (9).

L'avvento della cavalleria pesante, capace di contrastare qualsiasi difesa, è di epoca tarda e raggiunse il suo apice nel Medioevo.

Diverse sono le tesi afferenti alla nascita della cavalleria medievale, una delle più autorevoli è quella di Marc Bloch secondo cui la cavalleria medievale nacque intorno al XI secolo, periodo in cui si svilupparono le signorie di banno il cui fulcro era il castello e il feudo (10).

In questo periodo "nascono" i cavalieri di professione, una cerchia di guerrieri che diventavano tali a seguito di una cerimonia di iniziazione del cavaliere (11).

Nei secoli XII e XIII, tale cerchia militare si definì in un ceto chiuso su base ereditaria, ponendosi, così, al pari della nobiltà di diritto.

Secondo altra parte della dottrina, invece, fu esattamente l'opposto, ossia in quel periodo fu la nobiltà ad impadronirsi di un lavoro che, prima, già esisteva ed era ad appannaggio di soggetti di diversa estrazione sociale, anche del ceto più basso (12).

Inoltre, secondo Cardini l'uso del cavallo è correlato a "un complesso magico-religioso di riti e di credenze connesse alla funzione del cavallo quale tramite fra il mondo dei vivi e il mondo dei morti [...]. È importante notare che quei riti e quelle credenze pervennero alla classicità e al medioevo occidentale dall'area medesima di origine del cavallo, l'Asia centrale, per il tramite dei vari popoli iranici e delle popolazioni germano-orientali" (13), rinvenendo, così, una prima forma di quella che sarebbe stata la Cavalleria cristiana medievale.

Nel XII secolo, man mano che la Chiesa fa sentire la propria influenza, il cerimoniale dell'investitura si fa sempre più complicato, fino ad assumere un evidente carattere di rito religioso. L'investitura inizia con il bagno purificatore perché la pulizia del corpo simboleggia la liberazione dell'anima dai peccati, a cui si accompagna la confessione.

Dopo il bagno, l'individuo indossa vesti benedette (una camicia bianca e una sopravveste scarlatta) e verrà accompagnato da valletti nella cappella dove veglierà tutta la notte in preghiera.

Tale veglia prende il nome di vigilia d'armi.

Al mattino l'aspirante cavaliere assiste alla messa e prende la comunione. Durante tutto il rito la spada viene posta sull'altare insieme alle altre armi e viene benedetta. Il momento culminante della cerimonia prevede che il padrino, poi sostituito da un sacerdote, dopo aver fatto giurare l'aspirante cavaliere sul Vangelo, giura a sua volta di rispettare i doveri che competono al cavaliere. Infine, vengono compiuti gli atti più solenni del rito. Il più famoso e noto è la c.d. collata, ossia il colpo vibrato di piatto con la spada sulla nuca o sulla spalla (in alcuni casi è stato sostituito con uno schiaffo sulla guancia).

Tale atto simboleggia la prima prova di forza a cui il neocavaliere viene sottoposto ed egli non deve trasalire, né barcollare altrimenti ciò sarebbe indice di disonore (14).

Segue la consegna della spada con la quale il cavaliere dovrà servire e difendere la fede, la giustizia e ogni altra nobile causa.

Successivamente, nel XIII secolo, venne redatto un codice di condotta del cavaliere, il c.d. codice di cavalleria, che il cavaliere deve sempre rispettare.

Secondo questo codice, per esempio, il cavaliere deve sempre ricercare l'eccellenza in ogni situazione, deve sempre ricercare la via del giusto, deve essere libero da pregiudizi ed interessi personali.

Egli deve essere leale e coraggioso, preparato a sacrificarsi per gli ideali e le persone che ama.

Un cavaliere deve avere profonda fede nei propri principi, deve schierarsi sempre dalla parte della verità ecc.

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1 N. MORTON, Gli ordini religiosi militari, Bologna 2013, p. 7.

2 Sull'argomento si vedano A. MORISI, La guerra nel pensiero cristiano dalle origini alle crociate, Firenze 1963; D. QUAGLIONI, Le ragioni della guerra e della pace, in Pace e guerra nel basso medioevo, Atti del XL Convegno storico internazionale (Todi, 12-14 ottobre 2003), Spoleto 2004, pp. 113-129

3 A. ANDEGHINI, I cavalieri del sagittario, in Il sacro e la cavalleria, C. Bonecchio (a cura di), Milano, 2005, p. 151

4 J. EVOLA, Il mistero del Graal, Ed. Mediterranee, Roma, 1994, p. 195

5 P. CHINAZZI, Gli ordini cavallereschi. Storie di confraternite militari. Edizioni universitarie romane, 2013, p. 32.

6 Ibidem, pp. 15 e ss.

7 F. CARDINI, Alle radici della Cavalleria medievale, Il Mulino, 2014, p.416

8 Ibidem, pp. 415 e ss.

9 La parma era un piccolo scudo a forma rotonda idonea a proteggere il cavaliere dai colpi ravvicinati ma, essendo di rame e poco resistente, lo stesso non era idoneo a garantire una vera e propria protezione.

10 La signoria di banno (o banale, bannale o territoriale) fu un istituto medioevale, caratterizzato da un potere giurisdizionale di grandi possessori terrieri, sia laici che ecclesiastici, anche al di là del proprio patrimonio fondiario. M. MASTROGREGORI, Introduzione a Marc Bloch, Bari -Roma, 2001

11 M. BLOCH, La società feudale, Torino, 1974, p. 355

12 J. FLORI, Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, Torino, 1990, p. 60

13 F. CARDINI, Alle radici della Cavalleria medievale, Il Mulino, 2014, p. 22

14 J. FLORI, Cavalieri e cavalleria nel medioevo, Torino, 1999