LO SCENARIO POST COVID-19 E I POSSIBILI RIMEDI A TUTELA DI IMPRESE E LAVORATORI.
Dott.ssa Elena Eboli
Come un fulmine a ciel sereno, l'epidemia da Covid-19, si è abbattuta nelle nostre vite, tra le strade delle nostre città, silenziandole, come silenziosi sono i piccoli negozi, le piccole imprese. Imprenditori e lavoratori, infatti, sono quelli che maggiormente sono stati colpiti dagli effetti negativi della pandemia.
Tuttavia, a emergenza conclusa, mentre le strade torneranno a riempirsi, bisognerà fare i conti con le conseguenze del coronavirus anche ad altri livelli, a partire da quello economico: si stima che siano diversi milioni i posti di lavoro a rischio. Un rischio che gli italiani non possono permettersi di assumere.
Si lavora, affinché questo non accada, sia a livello sovranazionale che nazionale.
In questi giorni la Commissione europea ha proposto un nuovo piano sul lavoro a orario ridotto, sostenuto dallo Stato, volto a salvare posti di lavoro in un quadro in cui l'epidemia di coronavirus impatta sulle economie dei Paesi europei. Lo schema è chiaramente modellato sul piano tedesco Kurzarbeit, in base al quale il governo paga parte dei salari del lavoratore per permettergli di mantenere il posto di lavoro durante una fase di recessione. Per cui le aziende pagherebbero gli stipendi ai propri dipendenti anche se non stanno realizzando guadagni.
Sicuramente un ottimo piano di solidarietà della grande famiglia europea a concretizzazione del principio di sussidiarietà, tuttavia, siamo ancora in attesa di notizie riguardo le modalità di finanziamento del piano.
Dal canto suo, l'Italia, ha schierato in difesa delle imprese e dei lavoratori il DPCM cd. "Decreto Cura-Italia" con il quale si predispongono pregevolissime misure di salvataggio ad hoc per l'economia e per le famiglie, tuttavia, temporanee e, per questo, foriere di dubbi ed incertezze per uno scenario post epidemico. Difatti, se è stato disposto il completo blocco-macchine, ad accezione delle attività definite "essenziali", il maggiore problema delle imprese, piccole o medie, alla ripresa, sarà la mancanza di liquidità, dovuta, ovviamente, al drastico calo della domanda. Tutto ciò ha stravolto non solo il bilancio dell' impresa, ma anche il suo posto nel tessuto economico in quanto bisogna tenere conto che la singola impresa non si pone nel settore economico in modo isolato, ma si inserisce, anche la più piccola, in un tessuto ramificato e vivo a livello nazionale, pertanto, l' effetto domino dovuto a reciproche insolvenze sarà inevitabile, e se qualche tessera più pesante rimarrà in piedi, ma incerta, a farne le spese saranno le piccole imprese e il capitale umano.
Una prospettiva pessimista, ma purtroppo da mettere in conto, a meno che non intervengano misure atte a prevenire questo spiacevole scenario o si faccia riferimento alla normativa interna al fine di adattare gli istituti per fronteggiare una crisi avente natura prima d' ora sconosciuta nell'economia contemporanea.
Prima di tutto risulterebbe necessario, rimanendo nel solco delle ultime riforme anticipare gli interventi, per quanto possibile, prima che la crisi diventi irreversibile e, pertanto, adottare determinati accorgimenti per evitare o, quantomeno, minimizzare le conseguenze negative, come, ad esempio: fare un'attenta analisi e un piano rigoroso di riduzione dei costi generali: ci sono sempre sacche di spreco in azienda; azionare immediatamente tutti gli aiuti in termini di ammortizzatori sociali disponibili; massimizzare le fonti finanziarie derivanti dal capitale circolante: in particolare analizzare i crediti in bonis, ma a scadenze lontane; verificare se nell'attivo fisso ci sono beni non necessari per l'impresa e utili a generare cassa straordinaria; verificare di avere disponibilità di accesso al credito non utilizzata e azionare finanziamenti di sicurezza; dare avvio, immediatamente, a tutte le opportunità di moratorie e/o di rinegoziazione del debito; utilizzare tutti gli strumenti disponibili di finanza agevolata; attivarsi immediatamente per reperire nuove fonti finanziarie. (1)
Misure preventive come quelle appena accennate sono state adottate da molti professionisti operanti nel settore turistico con l'intento di minimizzare le perdite e conservare i posti di lavoro dei propri dipendenti. Molte imprese del settore del turismo, consapevoli del loro importo fondamentale alla crescita del PIL italiano, hanno proposto servizi alternativi, come dei vouchers da usare a propria scelta una volta finita l'emergenza epidemiologica. Molte strutture per evitare che le prenotazioni siano cancellate a priori, consentono al cliente di usufruirne in seguito, semplicemente spostando il giorno della prenotazione in tempi migliori. Ovviamente, è importante che il lavoro dei privati proceda pari passo con le manovre di governo, in un'ottica di comunicazione ed informazione, ma anche attraverso una politica fiscale di sostegno ed aiuto alle imprese, riducendo la pressione fiscale e concedendo alle stesse una boccata d' aria fresca in un periodo in cui il profitto ha determinato una crisi di liquidità.
Inoltre, alla luce della recentissima modifica legislativa della "Crisi di impresa" (D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) intervenuta nel 2019, ma che entrerà in vigore solo nell'agosto 2020, potrebbero essere sfruttate le nuove disposizioni (di matrice comunitaria, atte all'armonizzazione delle legislazioni nazionali) le quali già nascono con il duplice scopo di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese e di salvaguardare la capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro a un fallimento di impresa. Termine che viene sostituito con la più politically correct "liquidazione giudiziale", al fine di evitare l'onta sociale e personale che si accompagna alla parola "fallito".
Si introduce un sistema di allerta allo scopo di consentire la pronta emersione della crisi, nella prospettiva del risanamento dell'impresa dando priorità alla continuità aziendale favorendo proposte che comportino il superamento della crisi. Difatti, le imprese, dovranno presto fornirsi di sistemi informatici capaci di controllare le scritture contabili e quanto faccia risultare una grave passività di bilancio, ed agire, così, preventivamente ed evitare un possibile degenerarsi dello stato di insolvenza. Sfruttando la nuova normativa si privilegeranno, tra gli strumenti di gestione delle crisi e dell'insolvenza, procedure alternative a quelle dell'esecuzione giudiziale, con effetti positivi anche per il sistema giudiziale il quale, se fosse diversamente, risulterebbe sommerso, rallentato, finanche bloccato dall'enorme numero di carichi pendenti derivanti da azioni legali individuali, e da istanze di fallimento.
In caso di difficoltà dell'impresa, l'imprenditore dovrà attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, tutelando, così, anche i lavoratori. Questo significa che, se l'imprenditore non riesca a riportare in equilibrio l'azienda sia operando da solo, sia ricorrendo a esperti specializzati, potrebbe scattare la "Procedura di Allerta", una procedura volta a trovare un accordo tra i creditori senza che la crisi sfoci in un'insolvenza. L'Allerta potrà essere attivata direttamente dall'imprenditore, dai sindaci o dal revisore contabile per evitare sanzioni pecuniarie, civili, amministrative, finanche penali e azioni di responsabilità. Potrà, inoltre, essere attivata dall'Agenzia delle Entrate, dall'INPS o dall'agente della riscossione quando l' esigibile supera certi livelli. La procedura di composizione della crisi è guidata da un collegio di tre esperti nominati dal cosiddetto OCRI (Organismo di composizione della crisi d'impresa) che cercheranno di gestire la situazione di crisi cercando, in un tempo brevissimo (90/180 giorni), un accordo con i creditori ed evitare, per quanto possibile, l'accumulo dei carichi pendenti presso i Tribunali.
La nuova normativa della Crisi di impresa, si pone anche l' obiettivo di semplificare le procedure concorsuali, riducendone i tempi e gli ingenti costi e, infine, istituendo presso il Ministero della Giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere su incarico del tribunale funzioni di gestione o di controllo nell'ambito di procedure concorsuali, con l'indicazione dei requisiti di professionalità esperienza e indipendenza necessari all'iscrizione; ma, cosa più importante, si armonizzano le procedure di gestione della crisi e dell'insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dei dipendenti.
L'art. 190 riconosce il trattamento NASpI («Nuova assicurazione sociale per l'impiego»), introdotto dal D.lgs n. 22/2015 (riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati), nella ricorrenza dei requisiti e nel rispetto delle disposizioni in esso previsti, anche ai lavoratori dipendenti da imprenditori nei cui confronti sia stata aperta la liquidazione giudiziale. Si tratta dunque di una forma di sostegno al reddito del lavoratore, che rimane sprovvisto della retribuzione nello spatium deliberandi riservato al curatore in assenza del trattamento di integrazione salariale.
L'art. 189 regola gli effetti dell'apertura della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro, come già anticipato nel solco della consolidata regola generale "di procedura" della sospensione, opportunamente calibrata sulla loro specificità e tutela di interessi costituzionalmente rilevanti.
Il solo effetto peculiare, tipico della procedura, è costituito dall'inerzia del curatore che non decida di subentrare né di recedere dal rapporto: in tal caso, decorsi quattro mesi dalla data di apertura della procedura, i rapporti si intendono risolti di diritto. E ciò si spiega per una più forte esigenza di stabilità della condizione del lavoratore, eventualmente legittimato, insieme con il curatore e con il direttore dell'ispettorato del lavoro competente, alla richiesta di una proroga del termine di quattro mesi, valevole soltanto nei confronti del lavoratore richiedente. Una tale proroga risponde all'esigenza, debitamente valutata dal soggetto che la richieda e dal giudice delegato nell'autorizzarla, di favorire una possibilità di ripresa o di trasferimento a terzi dell'azienda o di un suo ramo, in funzione del ripristino di un'attività d'impresa, che è finalità primaria di orientamento della scelta del curatore.
Senza ombra di dubbio, una volta messo KO il virus che ha sconvolto le nostre vite, ci aspetta una nuova battaglia, ugualmente dura e lunga che ci riporterà verso la ripresa economica del Paese e dei singoli cittadini, auspicando di non assistere ad ulteriori squilibri e che i valori costituzionali fungano da linee guida per una corretta e uguale ripresa per ogni classe sociale.
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1) Andrea Pietrini, Crisi: una check-list per proteggere la liquidità aziendale, www.yourCFO.it