ACCESSO AGLI ATTI DI GARA IN UNA PROCEDURA APERTA DI APPALTO E IL KNOW HOW AZIENDALE

01.02.2020

Dott.ssa Deborah Pascale

Accade sempre più frequentemente che, in una selezione pubblica, i partecipanti esclusi o non aggiudicatari, presentino alla stazione appaltante istanza di accesso agli atti allo scopo di verificare l'effettiva presenza, negli altri concorrenti, dei presupposti di partecipazione e/o le ragioni poste a fondamento della aggiudicazione. Tutto ciò è da considerarsi assolutamente comprensibile e legittimo ma, soprattutto quando si tratta di appalti, si pone un particolare problema: la stazione appaltante, a fronte di una richiesta di accesso agli atti, può rivelare qualunque contenuto degli atti di gara?

Per rispondere a tale domanda è necessario partire dal concetto di know-how aziendale ossia dall'insieme delle conoscenze commerciali e/o tecnico-industriali riservate e di straordinaria importanza per ogni impresa.

Si può facilmente comprendere la fragilità di tali contenuti, specialmente, in una procedura di gara nella quale sarebbe possibile presentare una semplice istanza di accesso agli atti al fine di conoscere le specifiche competenze altrui e ottenere così un indebito vantaggio commerciale. Diviene, quindi, essenziale evitare che le gare di appalto si trasformino nell'occasione perfetta per accedere ai documenti riservati di una impresa e impossessarsi dei segreti in essi contenuti.

Al fine di una maggiore comprensione della questione, è in primis necessario partire dal quadro normativo di riferimento, evidenziando che il D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Nuovo Codice dei Contratti Pubblici) ha introdotto una regolamentazione del diritto di accesso in linea con il previgente testo, D.Lgs. n. 163/2006, recependo le specifiche indicazione del legislatore comunitario in materia.

Oggi, infatti, ai sensi dell'art. 60, comma 1, del D.lgs. n. 50/2016, qualsiasi operatore economico interessato può presentare una offerta, nelle procedure aperte, in risposta a un avviso di indizione di gara. In questa sede, non ci soffermeremo nel delineare l'iter di gara e aggiudicazione ma, semplicemente, analizzeremo cosa accade nel momento in cui viene presentata una richiesta di accesso agli atti. Infatti, in tale caso, la stazione appaltante è tenuta a comunicare l'istanza al soggetto nei cui confronti è rivolta, il quale, potrà acconsentire ma, legittimamente, anche negare l'accesso in virtù della presenza di segreti tecnici e/o commerciali ossia del cosiddetto know-how aziendale. In una gara pubblica è facoltà dei partecipanti esplicitare, in una apposita dichiarazione motivata - ai sensi dell'art. 53 D.Lgs. 50/2016 - allegata all'offerta, le parti della stessa che contengono segreti tecnico-commerciali da doversi considerare riservati e, quindi, non ostensibili. Tuttavia, come vedremo successivamente, il divieto di accesso non può essere considerato assoluto.

In materia sarebbe estremamente utile un intervento del Legislatore che delinei, in modo chiaro e univoco, quali siano in concreto i contenuti qualificabili come "tecnici o commerciali" che possono giustificare un legittimo diniego d'accesso e quali, invece, non siano meritevoli di tale tutela. Ci troviamo, infatti, davanti a interessi opposti tra di loro e alla necessità di trovarvi un punto di equilibrio.

Purtroppo la normativa fornisce uguale tutela ad entrambe le posizioni: sia alla parte che richiede l'accesso, sia a quella che vi si oppone. Se ci soffermiamo a riflettere, però, una disparità emerge chiaramente dal fatto che, mentre chi si oppone all'accesso si trova sempre nella posizione di saper motivare il perché considera quei dati come segreti "tecnici o commerciali", al contrario, chi richiede l'accesso si potrebbe trovare in difficoltà nel motivare l'istanza in quanto, non conoscendo i contenuti delle offerte avversarie, può soltanto ipotizzare che la propria offerta sia migliore delle altre e che, quindi, si stata ingiustamente penalizzata nel punteggio finale.

Quali sono le norme che disciplinano l'accesso agli atti nelle gare pubbliche?

Il testo di riferimento è proprio il c.d. Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.lgs. n. 50/2016), in particolare, l'art. 53, comma 1, che opera un espresso rinvio agli artt. 22 e ss. della Legge n. 241/90 (Legge sul Procedimento Amministrativo). Poiché il c.d. Codice degli Appalti fa un espresso riferimento all'art. 22 della L. n. 241/90, si può trarre la conclusione che anche agli appalti pubblici si applica la disciplina generale in materia di accesso ai documenti amministrativi che costituisce principio generale dell'attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza.

Al di là di questo principio generale, in realtà, la norma che, in questa sede, interessa è sempre l'art. 53 del D.Lgs. n. 50/2016, ma in particolare, il comma 5, let. a) e il comma 6. Infatti, il comma 5, lett. a), dispone che sono esclusi il diritto di accesso ed ogni forma di divulgazione in relazione, fra l'altro, alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali. Dunque, si può giungere ad affermare che, non qualsiasi informazioni possono essere secretate ma solo quelle che sono in grado effettivamente di differenziare una impresa rispetto alle altre. Si tratta, inoltre, di una norma redatta in sintonia con la Legge n. 241/90 che, all'art. 24, comma 6, lett. d), consente di sottrarre all'accesso i documenti riguardanti la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono.

Se ci soffermassimo alla sola lettura di questo comma potremmo dedurre che sia legittimo il diniego di accesso ma, in realtà, il comma successivo ci permette di comprendere come tale divieto non sia da considerarsi assoluto. Infatti, il comma 6, pone una deroga al comma 5, lett. a) stabilendo che è consentito l'accesso al concorrente ai fini di difesa in giudizio dei propri interessi (c.d. accesso difensivo). Tale disposizione è da considerarsi come norma di chiusura. Anche in questo caso, la norma è stata redatta in perfetta armonia con la legge sul procedimento amministrativo che, all'art. 24 comma 7, prescrive che deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.

A questo punto, dopo aver individuato il quadro normativo, si può dedurre che, nella materia degli appalti, il Legislatore ha voluto dare prevalenza al diritto di accesso rispetto alla tutela della riservatezza ma solo ed esclusivamente in una particolare circostanza, ossia in vista della difesa in giudizio dei propri interessi. È, quindi, ragionevole affermare che per denegare l'accesso occorre indicare in maniera puntuale le informazioni che non si vogliono ostendere e qualificabili come "segreti tecnici o commerciali". A proposito di ciò, può risultare utile ciò che ha evidenziato il TAR Lombardia - Brescia secondo cui, tra un imprenditore e un altro, non qualsiasi elemento d'originalità e differenziazione può giustificare il diniego di accesso in quanto "è del tutto fisiologico che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione [...] e idee differenti da applicare alle esigenze della propria clientela" (sent., 07/01/2015, n. 2).

Dunque, si può affermare che, in via generale, le istanze di accesso agli atti di gara presentate ad aggiudicazione avvenuta debbano essere accolte dalle stazioni appaltanti; a tale regola subentra una eccezione secondo cui le stazioni appaltanti sarebbero tenute a rigettare le istanze qualora le offerte tecniche presentino profili di segretezza "tecnica e commerciale" e, infine, quale eccezione all'eccezione, l'accesso dovrà essere accolto se le informazioni contenute nelle offerte siano necessarie per agire in giudizio.

La necessità di trovare un punto di equilibrio tra queste due posizioni giuridiche soggettive sostanzialmente di pari rango, quali il diritto di accesso agli atti e il diritto alla tutela dei segreti tecnici e commerciali nell'ambito dei pubblici appalti, ha creato terreno fertile per un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Infatti, l'ANAC con un parere del 20 dicembre 2017 (delibera n. 1350) ha affermato che il diniego di accesso agli atti è legittimo purché sia motivato e ricorrano due presupposti, ossia, la specifica indicazione delle ragioni di tutela del segreto industriale e commerciale, in riferimento a precisi dati tecnici, i quali devono essere già stati indicati in sede di offerta e, la necessità che il richiedente non occupi una posizione qualificata nell'ambito della procedura di gara, ad esempio che l'istanza non provenga dal secondo classificato. In mancanza di questi requisiti l'istanza dovrà essere accolta. Anche la giurisprudenza amministrativa sembra allineata al parere fornito dall'ANAC, individuando i medesimi due presupposti per poter giustificare il diniego all'accesso agli atti di cui all' art. 53 del Codice. In merito, il TAR Lazio ha affermato che "In presenza di una richiesta di accesso "defensionale", quindi, non può comunque trovare applicazione la limitazione all'ostensione degli atti contenenti informazioni tecnici o commerciali, se tale limitazione non sia specificamente e dettagliatamente motivata in ordine alle ragioni precipue e specifiche per le quali non dovrebbe essere consentito l'accesso richiesto" inoltre "la prevalenza dell'accesso deve essere individuata nei soli casi in cui si impugnino atti della procedura di affidamento, ai fini di ottenerne l'annullamento e, comunque, il risarcimento del danno, anche in via autonoma" (v. anche Cons. St., sez. IV, 28/07/2016, n. 3431). L'accesso agli atti difensivo pare, dunque, prevalere sulle esigenze contrapposte di tutela del segreto tecnico e commerciale solamente nei casi in cui l'accesso venga richiesto in vista della difesa in giudizio di interessi attinenti alla procedura di affidamento del contratto. Ciò, secondo la giurisprudenza, comporta necessariamente "una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante che riguardi sia la verifica dell'astratta inerenza del documento richiesto alla posizione soggettiva dell'istante ed agli scopi che questi intende perseguire per il tramite dell'accesso, sia, d'altro canto, l'analisi della dichiarazione in precedenza resa dalla offerente, in ordine alla sussistenza di una motivata e comprovata dichiarazione circa l'attinenza del documento al segreto tecnico o commerciale" (TAR Lazio, sez. I, sent. 19/05/2018, n. 5583). Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 6083 del 26/10/2018, si è soffermato sul tema del diritto all'accesso c.d. difensivo affermando che "...lo strumento attraverso il quale contemperare in concreto la contrapposizione di interessi innanzi detta è costituito - ad avviso del Collegio - dal parametro della "stretta indispensabilità" di cui all'art. 24, co. 7, secondo periodo, della l.n. 241/1990 giacché esso è quello che, proprio a livello legislativo, viene contemplato come idoneo a giustificare la prevalenza dell'interesse di una parte - mossa dall'esigenza di "curare o difendere propri interessi giuridici" - rispetto all'interesse di un'altra parte, altrettanto mossa dall'esigenza di "curare o difendere propri interessi giuridici" legati ai dati sensibili che la riguardano e che possono essere contenuti nella documentazione chiesta in sede di accesso..." (vedi anche Cons. St., sez. V, n. 1692/2017).

Può risultare utile un breve excursus delle diverse posizioni assunte dalla giurisprudenza amministrativa in materia.

Con una recente pronuncia (sent. n. 6614/2018) il TAR Lazio - Roma, dopo aver esaustivamente delineato il quadro normativo, ha affermato che "l'esigenza di riservatezza delle imprese, in relazione all'interesse commerciale o industriale, sia idonea a giustificare esclusioni o limitazioni del diritto d'accesso, nei casi in cui la medesima esigenza risulti apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione di tali dati, trovando una ulteriore e più calibrata conferma nella disciplina, ex art. 53 del D.L.vo n. 50 del 2016 mediante una espressa eccezione all'ostensione degli atti per "le informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali". Dunque, si può dire che, in questa occasione, il TAR Lazio ha voluto dare prevalenza alla necessità di tutelare l'interesse alla riservatezza di determinati contenuti, osservando che l'accesso non può essere acconsentito nei casi in cui il partecipante alla gara abbia dichiarato la sussistenza di esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale e, al contempo, il richiedente non abbia dimostrato la concreta (non è sufficiente che sia potenziale) necessità di utilizzare tale documentazione in un apposito giudizio. Il Tribunale Amministrativo ha deciso di andare verso un rafforzamento della riservatezza commerciale, stabilendo che per arrivare all'accesso di simili dati, sarà necessario dimostrare la reale necessità di utilizzare la documentazione altrui in uno specifico giudizio (ex multis TAR Veneto - Venezia, sez. I, 18/04/2016, n. 398; TAR Emilia-Romagna - Bologna, sez. I, 10/07/2014, n. 742; TAR Calabria - Catanzaro, Sez. I, 26/10/2018, n. 1798). Ancora, il TAR Toscana - Firenze, sez. III, con la sentenza n. 441/2019 ha affermato che "l'esigenza di tutelare la riservatezza delle imprese, in relazione all'interesse commerciale o industriale, è idonea a giustificare esclusioni o limitazioni del diritto di accesso, nei casi in cui la medesima esigenza risulti apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione di tali dati".

Contrariamente all'orientamento appena esposto, il Giudice amministrativo ha anche ammesso più volte che "la necessità di tutela in giudizio dell'interessato debba reputarsi prevalente anche a fronte di atti e documenti da cui si possa desumere il know-how aziendale di una impresa" (Cons. St., sez. III, sent. n. 3688/2018). Inoltre, in altre occasioni, il TAR ha affermato che "allorché il concorrente intenda verifica la legittimità degli atti ai fini di una possibile tutela giurisdizionale dei propri interessi, l'eventuale esigenza di riservatezza è sempre recessiva rispetto a quella di trasparenza ed imparzialità tutelata dalle norme sull'accesso" (TAR Lazio - Roma, sez. II ter, n. 10689/2019). Sempre in tal senso, il TAR Calabria, nella sentenza n. 761 del 15/05/2017, ha accolto un ricorso ed obbligato la stazione appaltante a rilasciare, mediante estrazione di copia, la documentazione richiesta nell'istanza di accesso, fondando il suo ragionamento proprio sui presupposti indicati dalla norma e ribaditi dall'ANAC nel parere sopra menzionato. Nel caso di specie il TAR ha affermato che la dichiarazione della controinteressata, con la quale negava l'accesso, risultava generica, essendo riferita a "tutte le informazioni contenute nel progetto tecnico", quindi, senza specificare quali profili integrassero un segreto tecnico o commerciale. Inoltre, ha rilevato che "anche a fronte di una puntuale indicazione dei profili di segretezza, il diniego all'accesso sarebbe risultato comunque illegittimo, in quanto la società ricorrente ha presentato all'amministrazione esigenze di difesa in giudizio correlate alla procedura di affidamento, e dunque, prevalenti, ai sensi del comma 6 dell'art. 53 del Codice, sull'interesse giuridico prospettato dalla prima classificata." .

Il Consiglio di Stato ha anche affermato che, nello specifico contesto di evidenza pubblica, nel quale si sta svolgendo una vera e propria competizione governata dal principio di concorrenza e di pari trattamento, "Essendo la gara basata sulla convenienza dell'offerta economica è chiaro che le condizioni alle quali essa è aggiudicata, ed il relativo contratto stipulato, costituiscono la prova e il riscontro della corretta conduzione della competizione tra gli afferenti, ragion per cui nessuna esigenza di riservatezza potrà essere tale da sottrarre all'accesso i dati economici che non siano così inestricabilmente avvinti a quelli tecnici da costituire parte di un segreto industriale." (sez. III, 17/03/2017, n. 1213).

Recentemente, si è pronunciato anche il TAR Puglia il quale ha ordinato alla stazione appaltante, dopo che la stessa aveva permesso un accesso parziale mediante omissis delle parti della documentazione coperte da segreto, di concedere l'accesso integrale alla documentazione di gara riguardante la controinteressata. Il TAR si è spinto oltre, fornendoci anche una affermazione degna di riflessione, ossia, nel momento in cui un'impresa decide di partecipare a una gara di appalto pubblica accetta implicitamente le regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione e, di conseguenza, si assume anche il rischio di divulgazione delle proprie informazioni. Ovviamente, anche in questa sede, il TAR ha sottolineato ancora una volta che il richiedente l'accesso ha l'obbligo tassativo di utilizzare i documenti acquisiti solo ed esclusivamente per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici (Ord. n. 49/2019).

Al fine di avere un visione completa della questione, credo sia necessario parlare anche della c.d. prova di resistenza, stratagemma ideato al fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e la difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa ricorrente. Tale prova serve per accertare se, in un giudizio azionato da colui che ha presentato istanza di accesso agli atti, le informazioni contenute nell'offerta tecnica e dichiarate non ostensibili, possano arrecare una qualche utilità giuridicamente apprezzabile alla parte ricorrente in relazione alle specifiche censure dedotte in giudizio.

Il Consiglio di Stato ha, infatti, affermato che ""Per superare la prova di resistenza, il ricorrente, nel sottoporre a critica l'operato della commissione di gara, deve esplicitare le caratteristiche della propria offerta, raffrontarle con quelle dei concorrenti e dimostrare che la propria offerta avrebbe meritato un punteggio più alto o una valutazione comparativamente migliore, al punto da poter conseguire il risultato sperato" (Cons. St. Sez. III, 07/03/2016, n. 921). La giurisprudenza, inoltre, si è espressa più volte affermando che "la valutazione dell'interesse a ricorrere non può prescindere dalla verifica della c.d. prova di resistenza, ossia della prova che, in mancanza delle illegittimità denunciate, la ricorrente avrebbe vinto la gara, dovendo ritenersi inammissibile il gravame per carenza d'interesse laddove, in esito ad una verifica a priori, risulti che la parte ricorrente non sarebbe risultata aggiudicataria in caso di accoglimento del ricorso (si veda: Cons. St., Sez. IV, 14 luglio 2014, n. 3656; TAR Lazio - Roma, Sez. I, 02/02/015, n. 1876; TAR Campania - Napoli, Sez. I, 16/05/2006, n. 4397; Cons. St., Sez. VI, 05/10/2010, n. 7300).

Giova richiamare, ancora una volta, la pronuncia del Consiglio di Stato n. 6083/2018, con cui il Collegio ha ritenuto che, nel quadro del bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali ed il diritto all'esercizio dell'accesso difensivo ai documenti di gara "... risulta necessario l'accertamento dell'eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e le censure formulate..." e che l'onere della prova di tale nesso incombe "... su chi agisce per ottenere l'accesso agli atti e non può essere ribaltato sul soggetto che si oppone all'accesso con espresso riferimento alla esigenza di tutelare la conoscenza di procedimenti tecnici particolari, i cd know how, cioè i segreti di produzione, che consentono all'azienda che li possiede di ottenere prestazioni particolari o risultati qualitativamente elevati (come definito dalla Direttiva UE 2016/943, art.2)...". Infatti, non sarebbe d'altra parte ragionevole "scaricare" sull'impresa che nega l'accesso "... l'onere di fornire dettagliati particolari tecnici sui due aspetti qualitativi da mantenere riservati (al fine di giustificare tale necessità), essendo evidente che, in tal modo, l'impresa, in maniera contraddittoria, sarebbe costretta a compromettere essa stessa la prospettata necessaria riservatezza nei confronti delle imprese concorrenti del settore...".

Pochissimi giorni fa, inoltre, si è pronunciato in materia il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 64 del 07/01/2020, nella quale si è allineato a quell'orientamento giurisprudenziale che dà prevalenza al diritto alla riservatezza e, dunque, alla tutela del know-how aziendale. Infatti, si può leggere che "La particolare voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è, dunque, di escludere dall'ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell'offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell'impresa in gara (il know how), vale a dire l'insieme del "saper fare" e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell'esercizio professionale dell'attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell'impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa [...] al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio."

In considerazione dell'incertezza normativa e giurisprudenziale appena delineata, è possibile affermare che la stazione appaltante viene a trovarsi in una posizione particolarmente pericolosa, qualora riceva istanza di accesso agli atti in una procedura d'appalto. Da una parte, infatti, qualora neghi l'accesso potrebbe ledere l'interesse difensivo del richiedente, dall'altra parte, se concedesse l'ostensione dei documenti, anche a fronte del diniego dell'impresa, potrebbe esporsi invece a una azione di risarcimento danni per violazione del know-how aziendale.