IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

01.09.2021

Dott. Simone Rossi

 Il principio di trasparenza della Pubblica Amministrazione costituisce senza dubbio un tema di rilevante importanza, indagato dalla dottrina e dalla giurisprudenza all'indomani dell'entrata in vigore della legge generale sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n° 241), di cui l'istituto del diritto di accesso costituisce il cuore pulsante nonché una delle principali novità dell'intervento legislativo.

Espressione del principio di trasparenza e partecipazione del privato al procedimento amministrativo, l'accesso ha ridefinito il rapporto tra la collettività dei consociati e la pachidermica macchina amministrativa, rapporto non sempre facile e connotato da una rigida segretezza almeno fino agli anni Novanta, anni caratterizzati da una vera e propria rivoluzione copernicana in materia.

Se legge generale sul procedimento amministrativo aveva avuto il merito di ridisegnare il sistema dei rapporti tra cittadino e P.a. recependo gli sforzi di innovazione e ripensamento dell'agere amministrativo nel segno dell'efficienza e della trasparenza volute dalle leggi Bassanini, le novelle del 2005 (leggi n° 15 e 80 del 2005) hanno invece inteso accogliere i più importanti orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi e consolidatisi nei primi quindici anni di operatività delle legge sul procedimento amministrativo, ridisegnando il volto dell'accesso mediante l'introduzione di significative novità sia sotto il profilo sostanziale che processuale.

L'assetto così definito è poi stato oggetto di rivisitazione ad opera della l. 69/2009, che ha apportato modifiche rilevanti alla l. 241/1990, tra cui le modifiche apportate all'art. 10 in materia di accesso agli atti amministrativi.

La disciplina dell'accesso è stata ulteriormente ritoccata ad opera del C.p.a. (d.lgs. n° 104/2010): in particolare il Codice ha riformulato l'art. 25 della l. 241 ed ha introdotto all'art. 116 del medesimo il "rito dell'accesso".

La peculiare disciplina dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino ha da sempre alimentato l'interesse del legislatore, ed è stata teatro di scontri tra esigenze diametralmente opposte.

Copiosi sono stati gli interventi normativi, anche recenti, riguardanti il procedimento amministrativo che è, o dovrebbe essere, il luogo in cui il cittadino fa sentire la sua voce.

All'indomani della pubblicazione della legge generale sul procedimento amministrativo - legge 4 agosto n° 241/1990 - che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione copernicana, fiumi d'inchiostro hanno riempito le pagine di giornali e riviste giuridiche per mettere in rilievo vantaggi e svantaggi della nuova scelta legislativa.

Se su di un versante è stata avvertita la pretesa del cittadino, che interloquendo con l'amministrazione procedente nell'iter formativo dell'atto miri al conseguimento di una decisione giusta, sull'altro si è imposto il bisogno di addivenire ad una decisione amministrativa in tempi rapidi.

La difficoltà di uno studio sul tema risiede proprio nella ricerca di un equilibrio stabile tra il buon andamento dell'azione amministrativa, che non può tollerare aggravi ingiustificati, e una necessaria ed auspicabile apertura democratica.

Sulla spinta di tale apertura, l'odierna società dell'informazione dovrebbe spalancare le porte del procedimento all'intervento e alla partecipazione del privato, di cui l'istituto dell'accesso rappresenta il cuore pulsante.

Ne deriva che la P.a. destinataria della richiesta di accesso o di comunicazione dei dati inerenti a dati sensibili debba porre in essere una valutazione degli interessi in gioco tramite un ponderato bilanciamento degli stessi: una valutazione che non può certamente essere circoscritta al mero raffronto tra gli interessi coinvolti, dovendosi necessariamente basare anche sull'ulteriore verifica volta ad appurare - anche ai fini di un accoglimento solo parziale dell'istanza - se i dati o tutti i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale oggetto di richiesta siano effettivamente "necessari" al fine di far valere o difendere gli equivalenti diritti in sede contenziosa.