LA CASSAZIONE ESTENDE IL PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO CIRCA LA PREVEDIBILITA' DELLA SANZIONE PENALE ANCHE AGLI ASPETTI INERENTI LA SUA ESECUZIONE.

01.02.2020

Dott.ssa Sara Frattura

Nota a sentenza Cass. Pen., Sez. VI, 20 marzo 2019 , n. 12541

La sentenza n. 12541/2019 della Cassazione penale si inserisce nell'alveo del filone giurisprudenziale che tenta di fronteggiare i profili controversi della legge "spazzacorrotti" (L. 16/01/2019, n. 3, entrata in vigore il 31 gennaio 2019), ed in particolare l'assenza di una disciplina di diritto intertemporale.

Nel caso de quo, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 1, lett. b) della detta legge, nella parte in cui, avendo immesso i reati contro la pubblica amministrazione tra quelli "ostativi" alla concessione di alcuni benefici penitenziari ai sensi dell'art. 4 bis L. 354/1975, per rilevato contrasto con gli artt. 3, 24, 25 II co., 27 III co. e 117 Cost., art. 7 CEDU, non ha previsto un regime intertemporale.

Pertanto, con il passaggio in giudicato della sentenza, non sarebbe più possibile la sospensione dell'esecuzione, ma l'emissione dell'ordine di carcerazione sarebbe "obbligata". Ciò a causa della carenza di una disposizione transitoria che comporterebbe di conseguenza una modifica peggiorativa "a sorpresa" del trattamento penitenziario.

La Cassazione ha ritenuto la questione non manifestamente infondata, ma comunque non rilevante nel caso di specie.

Invero, le disposizioni che riguardano l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione vanno considerate come norme penali processuali e non sostanziali; di talché, esse soggiaceranno al principio tempus regit actum e non alla disciplina dell'art. 2 c.p., circa la successione di norme penali nel tempo, e dell'art. 25 Cost., emblematico del principio di legalità.

Eppure, va tenuto conto dell'orientamento giurisprudenziale della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, che connota come sostanziali i concetti di reato e di pena. In effetti, tale interpretazione si pone a presidio del "principio dell'affidamento" del consociato circa la "prevedibilità della sanzione penale", che richiede la previa conoscenza delle conseguenze sfavorevoli del proprio agire. In tale senso rileva l'art. 7 CEDU, il quale stabilisce che nessun trattamento punitivo può essere inflitto senza una norma antecedente che lo preveda e disciplini. Inoltre, tali arresti europei affermano che la "prevedibilità" cui si riferisce il detto articolo non riguarda soltanto la sanzione, ma anche la sua esecuzione. Il precipuo profilo del rispetto dell'affidamento del consociato è qui individuabile nella posizione del condannato. Difatti egli confidava che l'eventuale condanna per il reato commesso non avrebbe comportato una pena carceraria, poiché la pena sarebbe stata sospesa. Al più il giudice di sorveglianza avrebbe potuto applicare una misura alternativa alla pena detentiva. Ciò nonostante, tale affidamento è stato travolto dalla immediata vigenza delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 6, lett. b) della legge n. 3/2019.

In conclusione, tuttavia, la questione di incostituzionalità prospettata afferisce l'esecuzione della pena applicata con la sentenza oggetto del ricorso, e quindi, concerne uno snodo processuale diverso e successivo, che oltrepassa i limiti entro cui cui la Suprema Corte può giudicare.

Cosicché, la Cassazione rigetta la questione di costituzionalità, in quanto non rilevante in tale sede, ma non esclude la sua riproposizione in sede di incidente di esecuzione.