GLI ILLECITI INTERNAZIONALI. UNA PANORAMICA SULLE GROSS VIOLATIONS.

01.05.2020

Adriana Fabrizio

Ogni ordinamento giuridico che si rispetti prevede una serie di fatti illeciti, antigiuridici, che sanziona con delle pene adeguate. Allo stesso modo, anche l'ordinamento internazionale prevede una serie di fatti illeciti.

In questo articolo verranno approfonditi quegli illeciti previsti come nucleo fondamentale della tutela dei diritti umani, ovvero di gross violations, effettuando un collegamento al precedente precente articolo della scrivente  su questa rivista https://www.corsopraticodidiritto.it/l/fatto-illecito-internazionale/ 

Le gross violations, secondo il diritto internazionale generale, sono delle violazioni gravi e sistematiche dei diritti fondamentali riconosciuti alla persona, non solo nella sua individualità ma anche come collettività (non a caso è oggi riconosciuto come diritto fondamentale quello all'autodeterminazione dei popoli). Si usa il plurale perché nel corso del tempo il catalogo di queste violazioni si è allargato. Sono tali l'apartheid, le discriminazioni razziali in genere, la tortura, i trattamenti disumani e degradanti, il genocidio, ma questo elenco è meramente esemplificativo.

La storia del diritto internazionale ha visto nascere diversi trattati e convenzioni in tema, non sempre con risultati soddisfacenti. La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la Convenzione Interamericana dei Diritti dell'Uomo, la Carta Africana dei Diritti dell'Uomo ne sono alcuni esempi, con annessi tribunali specializzati nel giudicare tali violazioni. L'universo delle gross violations è in continua espansione ma a questa espansione "su carta", a tale riconoscimento, non sempre corrisponde una tutela effettiva. I numerosi report di Amnesty International sottolineano come non solo i diretti interessati, i singoli individui, subiscano violazioni gravi e generalizzate dei diritti che sono loro riconosciuti, ma anche coloro che li proteggono (associazioni e attivisti per i diritti umani) siano spesso minacciati o vittime di queste violazioni.

Alcuni esempi: nel rapporto 2019 sul Bangladesh, Amnesty International riporta notizie di detenzione arbitraria di persone appartenenti alla comunità LGBTI. La tortura continua ad essere praticata nonostante fin dal 2013 esista una legge sulla prevenzione della tortura e delle morti in custodia; le denunce per tortura o morte in custodia raramente sono oggetto di indagine. Le sparizioni forzate sono aumentate nello scorso anno, soprattutto tra gli oppositori politici, e molte delle sparizioni involontarie si risolvono col ritrovamento dei cadaveri delle vittime.

Non si può non nominare il caso Giulio Regeni in Egitto, simbolo delle centinaia di sparizioni forzate che ogni anno il regime mette in atto con molta disinvoltura, insabbiando le prove, incolpando dei capri espiatori e depistando le indagini, come fu fatto nel caso in esame.

La Corte dell'Aja ha riconosciuto il crimine di genocidio in Myanmar contro la minoranza dei Rohingya, richiedendo al governo locale di adottare tutte le misure necessarie per evitare il ripetersi di questo crimine, seppure riservandosi ulteriori indagini sull'intento del genocidio.

Quest'ultimo crimine è il più difficile da ammettere, il più insidioso, odioso, perché spesso è commesso proprio da quelle autorità che dovrebbero invece tutelare la popolazione territoriale, e dunque anche le minoranze. La prima definizione fu data da Raphael Lemkinn nel 1944; la data non è casuale, perché di genocidio si trattò all'indomani dello sterminio degli Ebrei, commesso dall'allora governo nazista. La definizione di Lemkinn, ancora oggi valida, è la seguente: l'uccisione, la distruzione o lo sterminio intenzionale di gruppi o di membri di un gruppo in quanto tale.

In realtà questo crimine non fu subito riconosciuto come una gross violation dalla comunità internazionale, per ovvie ragioni, considerato il periodo storico; inizialmente i più lo trattarono come un crimine minore, una sottocategoria dei crimini contro l'umanità (posto che possano esistere crimini contro l'umanità di serie A e di serie B). Fu solo con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo nel 1948 che gli si riconobbe autonomia, pervenendo al riconoscimento dei due elementi, soggettivo ed oggettivo, fondamentali per delineare la fattispecie criminosa.

Ancora oggi molti governi faticano ad ammettere che dei genocidi siano stati commessi in passato; non ultimi il governo turco nei confronti del genocidio degli Armeni e la Svizzera, che si mantiene su posizioni alquanto ambigue in merito.

In verità si dovrebbe guardare il quadro delle gross violations acome qualcosa di vivente e non statico, qualcosa in continua evoluzione; la storia insegna che in passato ciò che oggi è pacificamente considerato un crimine come la schiavitù era normale sul piano sociale e lecito sul piano giuridico, e qualcosa che oggi riteniamo giusto socialmente ed è anche dettagliatamente disciplinato come il pagamento degli interessi, in passato era considerato addirittura un peccato. Il diritto evolve con l'evoluzione della società e con la speculazione dottrinaria; chiaramente questa considerazione non deve essere interpretata come una giustificazione di fronte alle violazioni gravi e sistematiche, semmai come un impulso a far meglio da parte delle società moderne e dei governi. Le convenzioni internazionali ed i trattati infatti hanno il grave limite di non essere vincolanti in senso stretto, e ne sono prova le ripetute violazioni in sprezzo delle convenzioni firmate dagli stessi Stati che poi le commettono.

La comunità internazionale può sicuramente fare di più, sia per tutelare le vittime delle violazioni e gli attivisti, sia per fare pressione sugli stessi governi che continuano a perpetrare questi crimini. Ciò che forse, in fondo, ferma l'azione della comunità internazionale, non è un fattore di poco conto: le relazioni diplomatiche ed economiche, che spesso hanno portato molti a "chiudere un occhio" sulle palesi violazioni gravi e sistematiche.