L’EQUILIBRISMO DEI DIRITTI E DEI POTERI AI TEMPI DEL COVID-19

01.06.2020

Adriana Fabrizio

L'emergenza Coronavirus ha messo per la prima volta a dura prova le democrazie di tutto il mondo; dal distanziamento sociale, alla chiusura delle attività commerciali, dal diritto alla salute fino a quello alla privacy, i diritti fondamentali sono stati fortemente ridotti per combattere il contagio.

I Capi di Stato dell'Ungheria e della Slovenia ne hanno palesemente approfittato, ottenendo poteri illimitati a tempo indeterminato dal Parlamento, e ormai non si ha più il timore di parlare di un vero e proprio colpo di Stato; in Italia da più parti arrivano critiche non solo per le restrizioni dei diritti ma anche per il modo attraverso cui queste sono state attuate. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto ricorso ad un massiccio uso dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM); Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, ha affermato che avrebbero potuto essere utilizzati i decreti presidenziali, almeno per le misure più importanti, avvalendosi dell'intervento di uno degli organi di garanzia: il Presidente della Repubblica. Invece, senza troppi giri di parole, è stato fatto abuso dei decreti legge. Ma il giudice emerito non si ferma qui; Cassese aggiunge che non siamo in guerra e l'art. 78 Cost. non può essere interpretato estensivamente. Inizialmente il governo aveva ottenuto i poteri necessari, di cui parla proprio l'art 78, per fronteggiare la crisi tramite un decreto legge illegittimo per varie ragioni: non stabiliva i termini, l'estensione dei poteri del governo, non li tipizzava; anzi ne dava un elenco meramente esemplificativo, dando così la possibilità di compiere atti innominati. Il secondo decreto infatti ha quasi totalmente abrogato il primo.

È possibile dunque che si stia abusando del potere conferito. La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo reca un catalogo di diritti, gran parte dei quali sono riportati nella Costituzione italiana, e afferma all'art 15: "In caso di guerra o in caso di altro pericolo che minacci la vita della nazione, ogni Alta parte può adottare delle misure in deroga agli obblighi presenti nella presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda [...]"; come si nota, a differenza dell'art 78 Cost., la CEDU permette una deroga ai diritti fondamentali non solo in caso di guerra, ma in tutti i casi in cui la nazione sia in pericolo.

Bisogna però fare una doverosa precisazione: esistono, tra i diritti assicurati nella CEDU e nella Costituzione, diritti assoluti e diritti non assoluti; questo rappresenta un punto di fragilità nella tutela dei diritti. Vediamone alcuni.

I primi, i c.d. diritti assoluti, sono diritti strettamente legati alla fisicità della persona, ed in ultima istanza si ricollegano al diritto alla vita (art. 2 CEDU); il diritto alla salute (art. 32 Cost.) ne è un esempio e il paradosso che si crea sta nel fatto che per tutelare il diritto alla vita degli ammalati di covid-19, si sta di fatto sacrificando il diritto alla salute di altri soggetti, a causa dell'interruzione dei servizi normalmente offerti dalla Sanità nazionale: donne che non possono accedere all'interruzione volontaria della gravidanza, persone con patologie o che hanno subito trapianti di organi che non possono svolgere i normali controlli medici, vaccinazioni sospese.

Ma anche laddove il diritto non fosse assoluto, il problema non è meno gravoso; che dire del diritto all'istruzione? Molti studenti, siano essi scolari o universitari, non hanno accesso alla didattica online a causa della cattiva condizione economica delle famiglie che non possono acquistare i dispositivi (tablet o pc) o alla linea internet, in palese violazione degli artt. 31 e 34 Cost.

Un altro vulnus è rappresentato dalle restrizioni alla libertà di circolazione, garantita dall'art. 16 della Costituzione e dall'art. 5 CEDU; i limiti alla libertà di circolazione, l'essere costretti a rimanere in casa si sta in realtà rivelando un pericolo per molti: per le donne vittime di abusi ad esempio, che hanno una possibilità molto ridotta di rivolgersi ai centri antiviolenza, per gli anziani rimasti soli o per tutte quelle persone psicologicamente più fragili.

Un interesse particolare poi, meritano il diritto di proprietà e il diritto di iniziativa economica privata (rispettivamente artt. 42 e 41 Cost.); partendo dal diritto di proprietà, l'art. 6 del DPCM 17 marzo 2020 n° 18 prevede la requisizione dei beni mobili ed immobili; tale norma ha creato una serie di polemiche e di preoccupazioni; cerchiamo di fare chiarezza: il co. 1°, limitatamente ai beni mobili afferma:

"1. Fino al termine dello stato di emergenza, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, il Capo del Dipartimento della protezione civile può disporre, nel limite delle

risorse disponibili di cui al comma 10, anche su richiesta del Commissario straordinario di cui all'articolo 122, con proprio decreto, la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare la predetta emergenza sanitaria, anche per assicurare la fornitura delle

strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere ubicate sul territorio nazionale, nonché per implementare il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia."

Il comma 7° invece dispone sui beni immobili in questo modo:

"7. Nei casi in cui occorra disporre temporaneamente di beni immobili per far fronte ad improrogabili esigenze connesse con l'emergenza di cui al comma , il Prefetto, su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territorialmente competente, può disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non

possano essere attuate presso il domicilio della persona interessata."

Come si può subito notare la norma reca le modalità attraverso cui deve avvenire la requisizione, e l'oggetto della stessa. L'art. 7 stabilisce anche i tempi di utilizzo dei beni e le modalità di indennizzo conseguenti alla requisizione (sull'effettività dell'indennizzo poi si potrebbe aprire un discorso a parte, e le preoccupazioni delle persone requisite sono più che giustificate).

Un altro discorso ancora si può fare riguardo l'iniziativa economica privata: le misure di distanziamento sociale hanno imposto una serrata delle attività produttive, salvo quelle necessarie per la produzione dei beni di prima necessità e quelle la cui produzione e distribuzione sia di primaria importanza per l'economia del Paese. Le attività economiche stanno subendo ingenti perdite e si stima che l'Italia perderà 9 punti percentuali di Pil a causa della chiusura forzata. Gli strumenti che il governo ha messo a disposizione delle imprese non hanno convinto: i prestiti garantiti dallo Stato si teme possano essere un boomerang per le imprese che li richiedono; infatti il decreto, nonostante preveda la disapplicazione della disciplina del fallimento delle imprese nel periodo di emergenza e varie misure per la salvaguardia della continuità aziendale, come la disapplicazione delle normali cause di scioglimento delle società e il rinvio delle perdite, non ha previsto altresì la disapplicazione delle norme penali della legge fallimentare; la relazione al decreto prevede in realtà l'inibizione delle dichiarazioni di fallimento fino al 30 giugno 2020, un periodo giudicato in realtà troppo breve, perché effettivamente le imprese possano godere del c.d. bazooka.

In conclusione, ci si trova di fronte ad uno scenario dalla natura complessa ed incerta e forse proprio gli imprenditori, il nostro tessuto sociale, quei soggetti che sono la base dell'economia italiana, con più di quattro milioni di PMI sul territorio, rischiano di rimanere privi delle necessarie tutele, nonostante non si possa dire che tradizionalmente il diritto all'iniziativa economica sia un diritto assoluto.

O forse questa dicotomia salute - economia, come specchio della contrapposizione diritti assoluti - diritti non assoluti, risulta ormai obsoleta?