L’ORDINANZA EUROPEA DI SEQUESTRO CONSERVATIVO SUI CONTI CORRENTI (OESC): ARMA NUCLEARE DEL DIRITTO O MERA TIGRE DI CARTA?

01.05.2020

Dott.ssa Paola Petta

UNO STUDIO "TRANSFRONTALIERO" SULLA MISURA CAUTELARE EUROPEA.

Dopo un lungo periodo di gestazione, il 15 maggio del 2014 è stato definitivamente approvato il Reg. (UE) n. 655/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (1), che istituisce una procedura per l'emissione dell'ordinanza europea di sequestro conservativo su conti correnti bancari (c.d. «OESC»), nell'ottica di rafforzare la tutela e facilitare il recupero dei crediti in materia civile e commerciale nei rapporti transnazionali tra soggetti appartenenti a Stati membri dell'Unione Europea.

Lo scopo dell'OESC è quello di accordare al creditore l'opportunità di sottoporre a sequestro le somme possedute e depositate dal debitore in un conto corrente situato all'interno del territorio dell'Unione, così da impedirgli di dissipare tempestivamente ed agilmente gli elementi attivi del proprio patrimonio mediante atti dispositivi, tali da compromettere la successiva esecuzione del credito vantato.

Oltre a costituire il primo intervento mirato e specifico nel settore della materia cautelare transfrontaliera, il Regolamento presenta almeno due importanti profili di innovazione:

  • in primo luogo, l'ordinanza in parola ha il pregio di garantire il c.d. "effetto sorpresa" della misura cautelare fino all'attuazione del sequestro, essendo non solo concessa, ma anche eseguita, inaudita altera parte;

  • in secondo luogo, il provvedimento è destinato a circolare e ad essere portato ad esecuzione all'interno degli Stati membri, senza la necessità di particolari formalità o di un previo procedimento intermedio volto ad attribuirgli effetti esecutivi.

In virtù dell'OESC, dunque, il creditore dispone di un provvedimento uniforme, di matrice sovranazionale, ancorché concesso da giudici nazionali, che gli consente di aggredire in via cautelare somme di denaro appartenenti al debitore, sebbene queste siano dislocate presso più conti bancari, senza doversi munire di più provvedimenti cautelari nazionali all'interno di ciascuno Stato ove sia ubicato un conto.

Nulla vieta, tuttavia, al creditore, di optare per la richiesta di un omologo provvedimento nazionale in luogo del sequestro conservativo europeo, dal momento che quest'ultimo si atteggia come facoltativo e non esclusivo, ponendosi dunque in una posizione di autonomia ed alternatività rispetto ad analoghe misure nazionali. Il legislatore europeo, infatti, nel definire la disciplina relativa allo strumento cautelare in esame, non pretendeva di elaborare una misura processuale totalmente innovativa e rivoluzionaria, bensì un rimedio che si affiancasse a taluni provvedimenti nazionali equivalenti, ormai consolidati nella prassi di diversi paesi, così configurandosi quale alternativa ad essi (2).

Ciò posto, appare interessante intraprendere un confronto tra la misura cautelare in esame ed i rimedi processuali vigenti in taluni ordinamenti nazionali, allo scopo di verificare quali istituti abbiano maggiormente ispirato il legislatore europeo e quanto l'OESC possa considerarsi strumento concretamente efficace.

Certamente, il sequestro conservativo europeo può dirsi di gran lunga divergente dall'omologo istituto processuale inglese, di matrice giurisprudenziale, battezzato con il nome di «Mareva injunction» (dall'omonimo caso (3) in occasione del quale ha avuto origine) e ad oggi più comunemente conosciuto come freezing injunction o freezing order. Si tratta di un provvedimento giudiziale di tipo inibitorio, concesso ad un creditore ricorrente in possesso di un «good arguable case for his clame», mediante il quale si ordina al debitore di non disporre dei propri beni e, in generale, di non compiere attività idonee a dissipare il suo patrimonio; data la sua evidente natura ingiunzionale, al provvedimento in parola è sottesa un'azione non rivolta al sequestro dei beni, bensì operante esclusivamente in personam. Sebbene le esigenze cautelari soddisfatte dalla freezing injunction siano assimilabili a quelle insite nell'OESC, i due istituti divergono fortemente in relazione alla loro natura, oltre che dal punto di vista strutturale e per le modalità operazionali.

Alla luce di tali considerazioni, puòconcludersi che il legislatore europeo si è ispirato alle esperienze giuridiche degli ordinamenti dell'Europa continentale e, in particolar modo, all'Arrest tedesco, al Saisie conservatoire francese e altresì al sequestro conservativo italiano, dal momento che questi si concretizzano, al pari dell'OESC, nell'imposizione di un vincolo reale sui beni appartenenti al patrimonio del debitore (4).

Tuttavia, non può rinvenirsi, tra queste, una disciplina che più di tutte assomigli a quella dell'istituto introdotto con Reg. (UE) n. 655/2014; diversamente, il legislatore europeo sembra aver optato per l'adozione delle caratteristiche più efficienti di ciascuno strumento nazionale, discostandosene invece per gli aspetti meno convincenti. Si pensi, a titolo esemplificativo, all'art. 12 del Reg. in parola, che impone al creditore la costituzione di una garanzia a tutela del debitore, mediante la prestazione di una cauzione, che risulta essere una previsione totalmente assente nella normativa francese in materia di Saisie conservatoire.

Si noti, inoltre, che due tra i fondamentali connotati dell'OESC non sono rinvenibili nella disciplina delineata nel testo del codice di procedura civile italiano. In primo luogo, il sequestro conservativo europeo si contraddistingue in quanto la sua emissione può derivare, oltre che da una richiesta sine titulo (nelle due ipotesi di domanda ante causam o lite pendente), come previsto anche dall'ordinamento italiano, altresì da una istanza presentata da un creditore già in possesso di titolo esecutivo (nella forma della decisione giudiziaria, della transazione giudiziaria o di atto pubblico).

Elaborando, dunque, l'ulteriore ipotesi di richiesta c.d. cum titulo, il Regolamento amplia le possibilità, in capo ai creditori situati in Italia, di ottenere misure quanto più immediate e questo potrebbe rappresentare un incentivo ad usufruire dello strumento europeo, anziché di quello nazionale. In secondo luogo, come anticipato supra, il Reg. impone che la domanda di OESC sia presentata inaudita altera parte, senza dunque informarne il debitore; diversamente, nella disciplina italiana in materia di misure cautelari, l'instaurazione del contraddittorio rappresenta la regola e la procedura ex parte è riservata a casi eccezionali (art. 669 sexies, comma 2, c.p.c.). Anche da questo punto di vista, la misura europea appare certamente più efficiente di quella nazionale, posto che un debitore, laddove venisse a conoscenza di una richiesta di sequestro sui suoi beni, proverebbe nella maggior parte dei casi a frustrarne l'esecuzione, rendendo così inutile il provvedimento provvisorio.

Posto che a fondamento dello strumento introdotto dal legislatore europeo vi siano presupposti senz'altro positivi e suscettibili di far presagire esiti ottimali, non può sottovalutarsi lo scarso interesse manifestato nei suoi riguardi da parte della dottrina europea, nonché la sua scarsa applicazione all'interno dei tribunali dell'Europa continentale; circostanze, queste, che rendono l'istituto oggettivamente incapace di far risultare ridondanti o superflue le misure legali consolidate nei vari Stati membri dell'UE.

Soprattutto in ambito dottrinario, le opinioni pessimistiche sembrano prevalere; a dimostrazione di ciò, la nota informativa di Clifford Chance del 2014 che, ritenendo troppo rigorosi i requisiti previsti per l'emissione dell'OESC ed eccessivamente onerosa, per il creditore, la prestazione di una cauzione, preannunciava il rischio, per il Reg. in esame, di finire nella cerchia di misure di giustizia civile adottate in ambito europeo e rimaste in gran parte inutilizzate (5).

A ciò si aggiunga che la procedura descritta nel Reg. sembrerebbe incompatibile con taluni ordinamenti europei, segnatamente l'Ungheria, ove non è ammessa l'emissione di provvedimenti ex parte, ritenuti lesivi del diritto, di chi li subisce, ad essere ascoltato. A tal proposito, sembra possibile, a chi scrive, che l'OESC si qualifichi come soluzione paneuropea all'evidente vuoto legislativo che caratterizza il settore delle misure provvisorie nell'ordinamento ungherese, in cui la materia sembra essere totalmente sfuggita all'attenzione del legislatore e della dottrina.

Si intende evidenziare, infatti, che le significative divergenze tra le culture giuridiche degli Stati membri dell'UE potranno scomparire solo attraverso un atteggiamento di cooperazione, anziché di confronto, e l'OESC rappresenta senz'altro un'importante opportunità per il raggiungimento di tale scopo.

Finché non verranno accolte con maggior entusiasmo iniziative europee di questa portata, volte oltretutto ad armonizzare il sistema giudiziario europeo, un modello come la Mareva injunction continuerà a dominare nel panorama globale in qualità di misura provvisoria più avanzata ed efficace, non solo poiché risulta essere l'unico provvedimento ad avere efficacia sull'intero territorio mondiale (motivo per il quale viene spesso definita «World-wide Freezing Order»), ma anche perché vivacemente promossa come tale proprio dai pratici del diritto inglese; non dovrebbe, dunque, sorprendere il fatto che il freezing order sia sempre più, sulla scena internazionale, incarnato come «nuclear weapon of the law» (6). A ciò si aggiunga che autorevole dottrina (7), sostenendo che quest'ultimo sia strumento molto sofisticato, che garantisce equità, efficienza e pari protezione per creditori, debitori e terze parti eventualmente coinvolte, ha evidenziato che la disciplina in materia di OESC risulta mancante di taluni elementi inerenti alla tradizione e alla prassi inglese e che tali lacune potrebbero privare la misura cautelare europea della possibilità di divenire strumento funzionale e pienamente equo.

Orbene, al momento non sembra possibile delineare un bilancio effettivo dei risultati ottenuti con il recente istituto, ma è chiaro che, come spesso accade con le iniziative promosse dal legislatore europeo, laddove una misura venga sminuita, se non addirittura emarginata, dagli stessi Stati membri, il rischio è quello di ridurre potenziali "armi nucleari" a "mere tigri di carta", rendendo delle deboli ombre dispositivi giuridici prima facie potenti.

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1) Il testo del Reg. (UE) n. 655/2014 è stato poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale UE - L 189/59 in data 27 giugno 2014 ed è in vigore a partire dal 18 gennaio del 2017; è reperibile sul sito www.eur-lex.europa.eu (n° Celex 32014R0655).

2) Questo carattere dell'OESC è, peraltro, delineato sin dalla relativa proposta elaborata dalla Commissione europea COM (2011) 445, del 25 luglio 2011, il cui testo è reperibile sul sito www.eur-lex.europa.eu.

3) Mareva Compania Naviera v. International Bulkcarriers, Court of Appeal, civil division,1975.

4) Si osservi che la Commissione europea, al par. 3 del memorandum esplicativo fornito nella sua proposta di OESC, ha espressamente dichiarato che «in linea con le tradizioni giuridiche della maggior parte degli Stati membri, l'ordinanza europea avrà effetti reali, cioè sarà diretta contro specifici conti correnti bancari e non personalmente nei confronti del debitore».

5) Cfr. H. CARTY - S. JAMES, in Clifford Chance, settembre 2014.

6) T. TAJTI - P. IGLIKOWSKI, A Cross Border Study of Freezing Order and Provisonal Measures. Does Mareva Rule the Waves?, 2018, pag. 87.

7) N. KYRIAKIDES, European Account Preservation Order: What does the Common Law Tradition have to say?, in Boundaries of European Private International Law, a cura di J. S. BERGÈ - S. FRANCQ - M. G. SANTIAGO, Bruylant, cap. IV, pagg. 189 e ss.