LA NASCITA DELL'OPINIONE PUBBLICA

01.07.2021

Dott. Luca Mariani

Cosa si intende e come nasce l'opinione pubblica?

Il concetto di opinione pubblica è definibile, in primo luogo, attraverso l'etimologia dei termini che lo compongono: «Opinone», doxa, contrapposta ad episteme. In quanto tale, quindi, non è sapere o scienza. Inoltre, l'opinione è detta «Pubblica» non solo perché è collocata nel pubblico ed «è del pubblico, ma anche perché investe oggetti o materie che sono di natura pubblica: l'interesse generale, il bene comune, in sostanza, la res publica» (Sartori).

Eppure, nel tempo, sembra che il potere dell'opinione pubblica sia cresciuto in maniera esponenziale, tanto da smuovere leggi e politiche, e non v'è chi non veda il rischio, già anticipato da Tocqueville, che i soggetti non abbiano più una propria personale opinione, ma questa viene persuasa e imposta dalla maggioranza.

Per non parlare del rischio che i Legislatori, anziché operare per il bene della società, si preoccupino solo di aumentare i propri consensi e, per questo, aumentare il proprio potere. La dottrina riconosce proprio in Locke il padre del concetto di "opinione pubblica". Nel suo "Saggio sull'intelligenza umana", Locke afferma che gli uomini, per giudicare le proprie azioni, per stabilire se sono giuste o meno, si affidano a tre leggi: quella divina, quella civile e quella dell'opinione o reputazione.

Nello stesso saggio, l'autore aggiunge "Appare chiaro che tali nomi della virtù e del vizio, nei casi particolari della loro applicazione in mezzo alle varie nazioni e società umane nel mondo, sono costantemente attribuiti soltanto a quelle azioni che in ciascun paese e società godono reputazione o discredito", sicché "la misura di ciò che dovunque è detto e stimato virtù e vizio è questa approvazione o deplorazione, elogio o biasimo, che, per segreto e tacito consenso si stabilisce in ciascuna singola società, tribù e circolo d'uomini nel mondo: per cui varie azioni vengono a trovare credito o deplorazione tra di essi, secondo il giudizio, le massime o il costume di quel luogo".

Locke distingue tra legge civile, quella emanata dal potere legislativo, e legge dell'opinione, che si fonda sul fatto che gli uomini, una volta usciti dallo stato di natura ed entrati in una società civile o politica "conservano ancora il potere di giudicare il bene e il male, approvando o disapprovando le azioni di coloro fra i quali vivono e con cui hanno rapporti".

La distinzione che Locke fa tra legge civile e legge dell'opinione pubblica si sovrappone alla distinzione tra sfera politica e sfera morale e ideale[1].

In altre parole, Locke parla di una legge dell'opinione o reputazione, che è una vera e propria legge filosofica: essa è una norma riferita alle azioni, per giudicare se siano virtuose o viziose.

Gli uomini, nel formare la società politica, hanno rinunciato, a favore del potere politico, a usare la forza contro un concittadino, ma conservano intatto il potere di giudicare la virtù e il vizio, il bene e il male delle sue azioni.

La legge dell'opinione si colloca accanto alla legge divina e alla legge civile, e ha la sua sanzione nel biasimo e nell'elogio da parte della società di questa o di quella azione.

Essendo un giudizio espresso dai cittadini, per segreto e tacito consenso, ogni società, secondo i propri costumi, stabilirà le proprie leggi dell'opinione, che saranno diverse a seconda dei vari paesi.

Anche se questa opinione ci appare ancora legata alla reputazione (fama), anche se non è sottolineato il momento pubblico, e cioè quello della discussione pubblica, essa tuttavia esprime un consenso di privati che non hanno abbastanza autorità a fare una legge, ma possono sempre comminare una sanzione attraverso la censura privata[2].

Se Locke è stato considerato il padre del concetto di opinione pubblica, non si può negare che, invece, appartiene a Kant la formulazione più chiara ed organica della stessa.

Secondo l'autore, spetta agli uomini di cultura la funzione di orientare l'opinione pubblica, in guisa che i sovrani debbano tener conto dei mutamenti della società.

Per Kant, infatti, ogni cittadino ha il diritto di manifestare pubblicamente la propria opinione su ciò che nei decreti sovrani egli ritiene che arrechi ingiustizia, per dirla con le parole dell'autore "la libertà della penna - tenuta nei limiti del rispetto e dell'amore per la costituzione sotto la quale si vive dai sentimenti liberali che ispirano i sudditi (le cui penne si limitano reciprocamente da sé per non perdere tale libertà) - è l'unico palladio dei diritti del popolo[3]".

E ancora, "contestare al popolo questa libertà significherebbe non solo privarlo di ogni pretesa giuridica nei riguardi del sovrano, ma anche togliere al sovrano stesso ogni conoscenza di ciò che, se gli fosse noto, ne modificherebbe l'opinione[4]".

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[1] Kant, Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, Torino 1965, p. 270

[2] Kant, Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, Torino 1965, p. 271

[3] Opinione pubblica (voce) in Enciclopedia Treccani, www.treccani.it

[4] Locke, Saggio sull'intelligenza umana, II, 28, 7-15