LA SCRIMINANTE ATIPICA DELL'ATTIVITA' SPORTIVA

01.12.2020

Dott.ssa Deborah Di Carlo

Quando l'attività sportiva funge da scriminante atipica su cui fondare la difesa di un soggetto?

Tizio, giocatore della squadra Alfa, durante il campionato di serie A, partecipava alla partita decisiva contro la squadra Beta di cui Caio ero centrocampista. Durante la partita decisiva, mentre Caio avviava un'azione di contropiede, Tizio lo intercettava ed entrava in scivolata a gamba tesa per impossessarsi del pallone. Tizio colpiva inavvertitamente la caviglia di Caio che riportava una distorsione della caviglia destra con lesione dei legamenti giudicata guaribile in 35 giorni. Tizio veniva, poi, condannato in primo grado per il reato di lesioni personali dolose (art. 582 cp) alla pena di 8 mesi di reclusione.

Tizio è stato condannato sulla base del fatto che la sua condotta è stata inquadrata nell'ipotesi dell'art. 582 cp, ma, a ben vedere, sembra ipotizzabile il ricorrere di un'altra fattispecie di reato, quella delle lesioni personali colpose ex art. 590 cp. Se da un lato vi è nesso causale tra la condotta di Tizio che entra in scivolata a gamba tesa e la lesione alla caviglia subita da Caio, dall'altro lato è ravvisabile una causa di giustificazione dato il particolare contesto. Inoltre non sembra, alla luce dei fatti, che si configuri il reato di cui all'art. 582 cp per carenza del dolo richiesto dalla fattispecie. Infatti per la configurazione del 582 cp è richiesto un dolo generico, ovvero la piena coscienza e volontà di colpire taluno con violenza fisica. 

Nel caso in esame, invece, a voler riconoscere una lesione dovuta alla condotta di Tizio, si potrebbe parlare di lesioni colpose. La fattispecie dell'art. 590 cpc ha natura di reato istantaneo e la sua consumazione si verifica al momento dell'insorgenza della malattia. Quindi, volendo inquadrare la condotta di Tizio in una fattispecie criminosa,non si potrebbe parlare del 582 cp, ma semmai del 590 cp, in considerazione anche del fatto che Tizio ha leso la caviglia di Caio per un mero errore di valutazione sulle tempistiche della propria azione. 

A questo punto, inquadrata la condotta di Tizio nella fattispecie del 590 cp ,giova ricordare che i soggetti coinvolti stavano disputando una partita di calcio a livello agonistico. L'esercizio dell'attività sportiva va qualificato come causa di giustificazione non codificata, nel che il soddisfacimento dell'interesse generale della collettività a svolgere attività sportiva può consentire l'assunzione del rischio della lesione di un interesse individuale relativo all'integrità fisica. La ricorrenza della esimente in questione è, però, circoscritta e condizionata al rispetto delle norme disciplinanti ciascuna attività sportiva; si richiede, inoltre, al singolo atleta di adeguare la propria condotta anche a norme generali di prudenza e diligenza. A ben vedere, quindi, sembra configurarsi nel caso in esame la causa di giustificazione di cui all'art. 50 cp "consenso dell'avente diritto". 

Le cause di giustificazione del reato sono circostanze in presenza delle quali un fatto - che di regola costituisce un reato - non è considerato tale, in quanto è la legge stessa che lo autorizza. Tali cause vanno distinte da altre due figure, quali le scusanti (incidono sull'elemento soggettivo facendo venir meno la colpevolezza) e cause di non punibilità (in cui il legislatore preferisce non applicare la pena per ragioni di opportunità). 

In tema di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva che implichi l'uso della forza fisica e il contrasto con gli avversari, l'area di rischio consentito è delimitata dal rispetto delle regole tecniche in gioco; pertanto la violazione di tali regole va valutata in concreto, con riferimento all'elemento psicologico dell'agente il cui comportamento può essere - pur nel travalicamento di tali regole - la colposa involontaria evoluzione dell'azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario, la consapevole e dolosa intenzione di ledere l'avversario approfittando della circostanza del gioco. In tema di lesioni colpose verificatesi nel corso della competizione sportiva, la scriminante del consenso dell'avente diritto presuppone che il "rischio" di subire dette lesioni, sia preventivato dal partecipante e dunque accettato; sicché non è configurabile tale scriminante quando le caratteristiche amichevoli o amatoriali di una competizione rendano imprevedibile la verificazione di lesioni superiori, per entità e gravità, a quelle normalmente accettabili in tale contesto. 

Nel caso di specie, però, è chiaro il carattere agonistico della competizione (trattandosi di due squadre in serie A) e sono quindi palesi i rischi che ogni giocatore corre di procurarsi un determinato tipo di lesione durante il gioco. Ad esempio se Tizio avesse cagionato la medesima lesione a Caio ma a gioco fermo, chiaramente non sarebbe stata invocabile la causa di giustificazione non codificata, atipica, del rischio consentito, ma nel caso in esame Tizio ha posto in essere un'azione tipica del gioco e durante lo svolgimento della partita. Durante lo svolgimento di una manifestazione sportiva solo le scorrettezze che si pongano al di là del rischio consentito danno luogo a responsabilità penale dell'atleta; tale risultato non può essere raggiunto da una semplice violazione delle regole del gioco o della commissione di un fatto per semplice ansia da risultato. In particolare, il limite del c.d. rischio consentito (oltre il quale si riespande la responsabilità per colpa ovvero a titolo di dolo eventuale dell'agente) è superato quando il fatto sia di tale durezza da comportare la prevedibilità di un pericolo serio dell'evento lesivo a carico dell'avversario; in tal modo, infatti, l'avversario viene esposto ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante medio. Quindi, alla luce degli aspetti fattuali delle argomentazioni esposte, è possibile affermare che nel caso di specie si versa nell'ipotesi di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva; in particolare sussistono i presupposti di applicabilità della causa di giustificazione del consenso dell'avente diritto con riferimento ad cosiddetto rischio consentito (art. 50 cp) e quelli per una causa di giustificazione non codificata ma immanente nell'ordinamento, in considerazione dell'interesse primario che l'ordinamento statuale riconnette alla pratica dello sport. In particolare sussiste proprio l'atipicità della scriminate sportiva che è desumibile dall'ordinamento e dal concetto di attività lecita consentita. Tali condizioni ricorrono e sono invocabili in quanto presenti durante una partita di calcio (di serie A, non amatoriale), a gioco in atto. 

Per questi motivi, la condotta di Tizio è riferibile all'attività agonistica non travalicante il limite del cosiddetto rischio consentito. In conclusione, in un eventuale giudizio di appello, si potrebbe impostare la difesa di Tizio su due motivi: 1) ridefinizione della fattispecie criminosa dall'art. 582 cp all'art. 590 cp per insussistenza del dolo richiesto dalla prima; 2) sussistenza di cause di esclusione del reato di cui agli artt. 50 e 51 cp per lo svolgimento di attività sportiva non travalicante il dovere di lealtà sportiva, né il limite del rischio consentito.