LE ESTREME CONSEGUENZE DELLA GLOBALIZZAZIONE: RIFLESSIONI SUL CASO DEL BANDO DI HUAWEI DA PARTE DEL PRESIDENTE TRUMP

04.06.2019

Risale ormai a metà maggio l'inserimento del colosso cinese Huawei nella "lista nera" legata alla sicurezza da parte del Presidente Donald Trump.

Conseguentemente, solo qualche giorno dopo, Google sospende le licenze Android a Huawei, per allinearsi alla politica del Presidente USA. Secondo alcune indiscrezioni l'interruzione dei rapporti sarebbe stata attuata anche da altre aziende come Intel e Qualcomm.

Gli scenari che si prospetterebbero, dunque, sono due: il primo, peraltro poco plausibile, in cui Huawei metta a punto un suo software in completa autonomia rispetto a Google; il secondo, più realistico, in cui gli Stati Uniti facciano un passo indietro.

Il presidente cinese Xi Jinping non è rimasto a guardare, e infatti , pochi giorni dopo ha fatto visita ad una azienda molto meno conosciuta del colosso della tecnologia cinese, ma ago della bilancia di questa guerra senza esclusione di colpi: detta azienda è la JL Mag, leader nel settore della produzione e trasformazione delle cosiddette terre rare; queste sono il materiale fondamentale - l'oro - per i produttori di apparecchi high-tech, compresi quelli americani. La visita del presidente, insieme al Primo Ministro, poco dopo l'annuncio di Donald Trump di voler imporre questo veto ai prodotti Huawei, non sembra affatto casuale, ed infatti ne hanno subito risentito le borse, con un impennata del titolo JL Mag, e un tonfo di Nasdaq.

Mettendo sulla bilancia i diversi atteggiamenti dei due presidenti, si nota subito quanto molto più incisiva sia stata la mossa silenziosa e serpentina di Xi Jinping, e quanto invece avventata e plateale quella del suo omologo americano in termini di ripercussioni sui mercati azionari, sulla politica globale in generale ma, soprattutto, quanto negative siano tali decisioni nei confronti delle aziende americane produttrici di materiale tecnologico che si approvigionano di terre rare quasi esclusivamente dalla Cina. L'America non dispone di terre rare; l'Australia non ha abbastanza risorse, l'Africa è in mano cinese e il Caucaso è sotto l'influenza russa. 

La mossa di Trump è stata davvero imprudente, per usare un eufemismo, oserei dire non degna di un accorto capo di Stato, e aggiungerei del presidente di una potenza mondiale. Non c'è dubbio, alla luce di ciò , che quella del Presidente cinese sia stata una misura ritorsiva all'apice della guerra dei dazi, ed infatti, più di recente lo stesso Presidente Trump ha fatto un passo indietro aprendo ad una possibile intesa (ed ecco tornare lo scenario realistico di cui sopra, opposto allo scenario della progettazione del software targato Huawei, sebbene molte voci in merito si facciano sempre più insistenti); l'intesa commerciale sembra essere la naturale conseguenza di una certa leggerezza di Donald Trump nell'amministrare i rapporti con quella che è ormai una superpotenza come la Cina; dopo gli imponenti dazi dei mesi scorsi, molti agricoltori e molte aziende a stelle e strisce si sono trovate in serie difficoltà e il presidente ha dovuto correre ai ripari, stanziando anche 16 miliardi di dollari per gli agricoltori americani che hanno risentito del braccio di ferro commerciale con la Cina.

Sicuramente ci saranno ancora novità in questa storia, che ha inevitabilmente segnato un'inversione di rotta nella pluridecennale ascesa della globalizzazione, che ha portato con sé molti effetti positivi ma altrettanti effetti negativi. Molti economisti si chiedono se la globalizzazione sia davvero quel fenomeno tanto positivo e foriero di occupazione e benessere, come tanti politici dicono; ma un'altra domanda fondamentale è: il modello Trump è davvero l'antidoto alla globalizzazione selvaggia? Lo scenario incerto già ci suggerisce la risposta, ma sicuramente ha posto in evidenza le debolezze di un sistema basato su trattati commerciali che possono facilmente essere violati con conseguenze talvolta disastrose per i lavoratori e le aziende; un sistema le cui tutele andrebbero rafforzate e i cui principi andrebbero rivisti tenendo conto di tutti gli interessi in gioco: non solo quelli inerenti la sicurezza, chiamata in causa da Trump, ma anche e soprattutto quelli dei consumatori che quotidianamente usano gli apparecchi tecnologici oggetto del bando, e dei lavoratori del settore, che vedrebbero in pericolo i loro posti di lavoro per effetto di un'interruzione del commercio delle terre rare con la Cina.

Il caso Google-Huawei è solo il più eclatante dei casi di "effetti collaterali" della globalizzazione. Basti pensare che la globalizzazione ha permesso la libera circolazione di merci, capitali, e forza lavoro, ma di fatto solo le prime due componenti si spostano; i lavoratori per esempio, a causa della globalizzazione hanno visto il loro salario ridursi, senza la possibilità di poter scegliere di spostarsi per cercare condizioni migliori di lavoro, poiché è più facile che con la globalizzazione i salari dei Paesi più sviluppati si avvicinino a quelli dei Paesi dove i lavoratori sono gravemente sfruttati, che non il contrario, come ha osservato il premio nobel per l'economia Joseph Stiglitz; e con la guerra dei dazi questi lavoratori vedono compromessa ulteriormente la loro posizione.

L'affare tra Cina e Stati Uniti prospetta degli sviluppi molto interessanti, sia dal punto di vista economico che giuridico.

Adriana Fabrizio