LO STRESS LAVORO-CORRELATO

30.06.2022

Dott.ssa Flavia Lombardi

1. Riferimenti normativi: D.L. 81/2008

Nel sistema legislativo italiano, l'obbligo di valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato è stato introdotto ad opera del D. Lgs. N. 81/2008: ed invero, all'art. 28, comma 1, è stato previsto l'obbligo da parte del datore di lavoro di valutare i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, considerando anche quelli relativi allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'Accordo europeo del 9 ottobre 2004.

In seguito, il D.Lgs. 106/2009 - introducendo il comma 1 bis all'art. 28 ha previsto che, a far data dal 1 agosto 2010, è entrato definitivamente in vigore l'obbligo di valutazione del fattore stress lavoro-correlato nell'ambito della valutazione dei rischi.

Nell'Accordo europeo sullo stress sul lavoro dell'8 ottobre 2004 - citato dal D.Lgs. n. 81/2008 - lo stress viene definito come "uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali e che deriva dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti. L'individuo è capace di reagire alle pressioni a cui è sottoposto nel breve termine, e queste possono essere considerate positive, ma di fronte ad una esposizione prolungata a forti pressioni egli avverte grosse difficoltà di reazione".

Il National Institute of Occupational Safety and Health ha definito lo stress quale "reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, alle risorse o alle esigenze dei lavoratori"[1].

Anche la definizione di stress che è stata fornita dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ha considerato diversi aspetti connessi all'attività lavorativa: "lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste"[2].

Le indicazioni che sono state fornite dall'Agenzia hanno individuato due categorie di fattori di rischio connessi allo stress:

  • I fattori di rischio legati al contesto lavorativo e alla gestione del lavoro (scarsa comunicazione, mancanza di definizione degli obiettivi organizzativi, scarsa partecipazione alle decisioni, rapporti limitati con i superiori, bassa retribuzione, insicurezza dell'impiego, scarso valore sociale attribuito al lavoro, ecc.;
  • I fattori di rischio relativi all'ambiente lavorativo e ai contenuti (condizioni fisiche di lavoro, idoneità delle strutture, monotonia, lavoro frammentato, sovraccarico o sottocarico di lavoro, ritmo di lavoro imposto dalle macchine, orari di lavoro lunghi, imprevedibili, ecc.).

Procedere alla valutazione dello stress correlato al lavoro sta a significare la valutazione del peso che tali elementi presentano nell'impatto con le persone e la loro ricaduta nella condizione lavorativa.

Malgrado la percezione dello stress sia psicologica, una prolungata esposizione allo stress può determinare una riduzione dell'efficienza lavorativa e determinare problemi sulla salute fisica delle persone.

I potenziali effetti di tale rischio agiscono sulla condotta della persona e possono colpire due livelli:

  • Dal punto di vista aziendale, i sintomi possono trovare manifestazione mediante assenteismo, riduzione della produttività, aumento dei casi di infortunio, aumento della percentuale di errori, problemi disciplinari, avvicendamento frequente del personale, aumento dei costi di indennizzo o delle spese mediche;
  • Dal punto di vista individuale, si possono verificare delle reazioni emotive (irritabilità, ansia, disturbi del sonno, depressione, ipocondria, alienazione, spossatezza, problemi relazionali con la famiglia); reazioni cognitive (difficoltà di concentrazione, perdita della memoria, scarsa propensione all'apprendimento di cose nuove, ridotta capacità decisionale); reazioni comportamentali (abuso di sostanze stupefacenti, alcool o tabacco, comportamento distruttivo); reazioni fisiologiche (problemi alla schiena, indebolimento del sistema immunitario, ulcere peptiche, disturbi cardiaci, ipertensione).

Occorre considerare che persone diverse possono reagire in diverso modo a situazioni simili e, in momenti diversi della propria vita, una stessa persona può reagire in maniera diversa a situazioni simili.

Sotto l'aspetto metodologico, il D.Lgs. n. 81/2008 non indica i requisiti che la valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato dovrà risettare.

Tra i compiti che l'art. 6 del D.Lgs. n. 81/2008 riconosce alla Commissione Consultiva Permanente, vi è quello di elaborare le indicazioni occorrenti per valutare i rischi da stress lavoro-correlato.

Nell'attesa che vengano fornite tali indicazioni, il Network Nazionale per la Prevenzione Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro - istituito dall'ISPESL nel 2007 - ha elaborato una proposta metodologica di valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato.

I metodi che sono stati indicati dall'ISPESL si suddividono in tre fasi:

  • Innanzitutto, l'inquadramento degli indicatori oggettivi di stress lavoro-correlato, attraverso la compilazione di una check-list;
  • L'identificazione del livello di rischio, il quale può essere basso, medio o alto, e pianificazione delle azioni di miglioramento;
  • La misura della percezione dello stresso al lavoro dei lavoratori mediante la compilazione di questionari di percezione, analizzati in modo tale da considerare il gruppo di riferimento e non i singoli lavoratori.

2. Manifestazione, eziologia ed esternalizzazione

Le patologie legate allo stress sono di natura multifattoriale: pertanto, la ricerca di un nesso eziologico è particolarmente difficile, poiché la stessa va condotta considerando tutte le possibili connessioni causali.

Le manifestazioni dello stress - solitamente interconnesse - possono essere di tipo:

  • Emotivo: ansia, depressione, senso di disperazione, impotenza[3];
  • Cognitivo: difficoltà di concentrazione, di ricordare e memorizzare, di apprendere cose nuove, di prendere decisioni;
  • Comportamentale: assunzione di alcoolici o droghe di abuso, aumento di fumo di tabacco o di assunzione di cibo, maggiore incidentalità lavorativa o stradale, comportamenti antisociali;
  • Fisiologico: aumento della pressione arteriosa, alterazione del ritmo cardiaco, tensione muscolare, aumento di produzione di succhi gastrici.

A questo punto, ci si può porre una domanda: se l'individuo è immerso in tutti questi fattori stressanti, come si può distinguere quelli lavorativi da tutti gli altri? E se pure si fosse in grado di distinguerli, come si può sapere se il distress subito dall'individuo sul lavoro è un fatto tipico di quella attività lavorativa oppure deriva da una particolare labilità psichica del soggetto?

Nel corso degli ultimi trenta anni è emersa la convinzione che l'esperienza di stress correlato al lavoro determini delle influenze negative sulla salute e sulla sicurezza degli individui, nonché sulla salute delle rispettive organizzazioni[4].

Vi sono tre diversi approcci per lo studio dello stress sul lavoro:

  • Approccio tecnico: lo stress rappresenta una caratteristica dannosa dell'ambiente di lavoro, la causa ambientale di uno stato di malattia;
  • Approccio fisiologico: lo stress rappresenta un effetto fisiologico comune ad una vasta gamma di stimoli avversi o dannosi;
  • Approccio psicologico: lo stress sul lavoro viene considerato in termini di interazione dinamica tra una persona e l'ambiente di lavoro in cui la stessa opera, valutandone i processi cognitivi e le relazioni emozionali.

L'Institut National de Recherche et de Sécurité pour la prévention des accidents du travail et des maladies professionnelle, nel documento "Le stress au travail" ha elencato delle situazioni preoccupanti che richiamano l'attenzione sul rischio stress lavoro-correlato, la cui presenza obbliga ad un intervento valutativo e correttivo immediato:

  • Episodi di violenza fra lavoratori o da parte del pubblico;
  • Casi di suicidio tra dipendenti;
  • Segnalazioni di possibili vessazioni;
  • Grande incidenza di disturbi muscolo-scheletrici;
  • Assenteismo, ritardi, demotivazione del personale.

Secondo la "Research on Work-related Stress", i rischi connessi al contenuto del lavoro vissuti come stressanti sono i seguenti:

  • Progettazione dei compiti: lavoro avente un ridotto valore, limitato uso delle capacità, mancanza di una diversità di compiti e ripetitività del lavoro, incertezza, mancanza di possibilità di apprendimento, elevata domanda di attenzione, richieste conflittuali, risorse insufficienti. Tali fattori possono generale la c.d. "sindrome del tempo libero sprecato"[5], allorquando il lavoratore non riesce a riempire di contenuti il proprio tempo libero;
  • Carico di lavoro e ritmo di lavoro: un eccessivo carico di lavoro (dal punto di vista qualitativo o quantitativo o temporale), un ridotto carico di lavoro (lavori di c.d attesa), un eccessivo ritmo di lavoro (senza possibilità di regolarlo da parte del lavoratore);
  • Orario di lavoro: lavoro a turni, lavoro notturno, lunghi orari di lavoro, che oltrepassano le 48 ore settimanali.

Per ciò che riguarda il contesto lavorativo:

  • Funzione e cultura organizzativa: una struttura organizzativa statica può essere fonte di stress per il lavoratore, così come la presenza di procedure arbitrarie;
  • Ruolo nell'organizzazione: è fonte di stress una situazione in cui il lavoratore non dispone di informazioni sufficienti riguardo al proprio ruolo o il lavoratore ricopre un ruolo che gli richiede comportamenti in conflitto con i propri valori;
  • Progressione di carriera: ritardo nella promozione, paura di pensionamento anticipato forzato, basso livello retributivo;
  • Autonomia decisionale e controllo: il controllo autonomo del proprio lavoro può essere considerato fonte di stress;
  • Rapporti interpersonali sul lavoro: tra i dirigenti, la concorrenza sul lavoro può inibire la condivisione dei problemi e l'aumento dello stress;
  • Cambiamento: lo stress prodotto dal cambiamento è solitamente relativo all'incertezza e alla mancanza di controllo che lo stesso rappresenta.

Secondo le Linee guida elaborate dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, le situazioni organizzative critiche sono le seguenti:

  • Troppo o troppo poco da fare;
  • Estrema rigidità o ambiguità dei compiti;
  • Assenza o esasperazione dei conflitti di ruolo;
  • Ripetitività delle attività da svolgere;
  • Elevato carico psicofisiologico.

La presenza di una o più di queste manifestazioni deve essere considerata come presenza di una condizione di rischio che va approfondita e indagata nelle sue cause.

L'esposizione allo stress lavoro-correlato - oltre a determinare alterazioni fisiologiche, come un'accelerazione del ritmo cardiaco, alterazioni ormonali, immunologiche, psicologiche - provoca anche alterazioni comportamentali che possono avere una diretta ed immediata ricaduta sull'organizzazione del lavoro. Si pensi al fenomeno dell'aumento degli errori e degli scarti nelle lavorazioni, all'assenteismo e al presenteismo.


3.     Interventi organizzativi per la prevenzione dello stress

Si possono individuare due diversi livelli di intervento per la prevenzione dello stress sul lavoro: uno individuale e uno organizzativo.

La scelta di operare su un livello rispetto ad un altro dipende da diversi fattori: natura della causa e fonte di stress, effetti sulla popolazione interessata, tipologia e dimensioni organizzative, risorse a disposizione, coinvolgimento, disponibilità a collaborare da parte dei lavoratori.

Con le tipologie di intervento a livello industriale si agisce soprattutto sulle capacità del singolo lavoratore di affrontare le criticità sul posto di lavoro e gestire lo stress che da esse deriva.

Si tratta per lo più di iniziative utilizzate per ridurre il livello di stress in persone che già ne hanno i sintomi e mirano a rafforzare le capacità di risposta individuale. A tale categoria appartengono la maggior parte delle iniziative di formazione e informazione sulla gestione e prevenzione dello stress da lavoro e le iniziative di supporto e assistenza al lavoratore, quali coaching, counseling, employee assistance program.

Le iniziative di formazione possono avere diverse finalità: familiarizzare con il concetto di stress e con la promozione della salute, sviluppare la capacità psicologica di gestione e di "contenimento" delle situazioni stressanti, acquisire alcune tecniche specifiche di dominio dello stress a livello personale.

Le iniziative di supporto al lavoratore sono interventi sul singolo diverse dalla formazione di gruppo.

Si tratta di momenti particolarmente delicati, svolti da figure professionali certificate e particolarmente adatti a lavoratori che hanno già evidenziato problemi personali o lavorativi. Essi presentano una durata differente a seconda della disponibilità del lavoratore e dell'organizzazione. Le iniziative di formazione e di intervento a livello individuale rappresentano degli strumenti relativamente flessibili e meno invasivi dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro: non comportano una significativa interruzione delle attività lavorative; presentano risultati rapidi da raggiungere, non sono costose e possono essere modulate in base ai fabbisogni formativi dei partecipanti.

Le iniziative di tipo organizzativo intervengono sulle cause che possono essere all'origine delle situazioni stressanti, cercando di rimuoverle alla radice. Tali interventi possono richiedere cambiamenti particolarmente rilevanti nella struttura organizzativa, nell'ambiente fisico, nei processi e procedure di lavoro.

Di conseguenza, necessitano di un pieno e costante sostegno da parte dei vertici aziendali, di un'adeguata collaborazione da parte dei lavoratori, del coinvolgimento delle diverse parti in causa e, soprattutto, della capacità di saper gestire il cambiamento che da tali interventi può derivare.

Vi sono anche degli interventi che si pongono a metà strada tra quelli individuali e quelli organizzativi, i quali cercano di eliminare le cause di stress che si originano nel rapporto fra il singolo lavoratore e l'organizzazione in cui lavora (conflitto con superiori, colleghi, divisione o unità organizzativa, non condivisione dei valori aziendali, assenza di comunicazione, responsabilità poco definite).

Tali tipologie di intervento possono essere considerate all'interno della tipologia organizzativa, riguardando la dimensione dell'organizzazione del lavoro, l'interazione con l'ambiente e con il contesto lavorativo, l'utilizzo di particolari tecnologie.

Sarà poi compito del personale interno e delle professionalità esterne di decidere quale tipo di intervento sia più adatto, considerando la fase in cui si trova l'organizzazione, la tipologia di lavoratori a cui il provvedimento si rivolge, le risorse e i mezzi a disposizione.

È opinione condivisa che ai fini di un'efficace gestione e prevenzione dello stress sul posto di lavoro occorre adottare un approccio olistico, che parta dall'organizzazione e miri ad intervenire non soltanto a livello di singolo lavoratore, ma che si concentri soprattutto sulla progettazione o (ri-progettazione) del lavoro e della sua organizzazione.

Tra le iniziative maggiormente in uso per prevenire e gestire lo stress si ha:

  • Il monitoraggio del clima organizzativo e della percezione dei lavoratori;
  • La formazione per top e middle management;
  • Costituzione di rapporti tematici misti;
  • Design del lavoro e dell'organizzazione in ottica ergonomica;
  • Consultorio specialistico interno.

L'approccio olistico - che prevede un ampio intervento sull'organizzazione per ridurre lo stress - è più efficace per diversi motivi: presenta risultati più significativi e stabili nel tempo, poiché puntano all'individuazione degli stressor sul posto di lavoro.

Esso inquadra il problema dello stress da una prospettiva più ampia, tentando di dare avvio ad iniziative di organizational change per arrivare alle cause profonde del malessere.

È facile intuire che gli interventi organizzativi sono ancora poco diffusi nelle realtà pubbliche e private, proprio in ragione dell'impegno che richiedono a livello di struttura organizzativa vera e propria.

Ed invero, tale approccio si sostanzia spesso in progetti di carattere abbastanza intrusivo per l'organizzazione, i quali richiedono un notevole investimento (in termini di risorse umane, economiche e temporali) di tutti gli attori coinvolti nel cambiamento organizzativo.

Proprio in ragione del carattere di "novità" che presentano talvolta tali iniziative, esse possono essere ostacolate in vario modo nell'ambito dell'organizzazione per la naturale propensione di molte organizzazioni alla preservazione dello status quo, rifiutando i cambiamenti.

Infine - dinanzi ad un notevole impegno economico - non vi sono ad oggi strumenti per valutare in modo attendibile e preciso gli effetti e i risultati di progetti organizzativi ai fini della riduzione dello stress sul luogo di lavoro.

________________________


[1] Cfr. National Institute of Occupational Safety and Health, 1999.

[2] Cfr. EU-OSHA, 2000.

[3] Cfr. LEVI, secondo il quale "uno stato emotivo di questo tipo può aumentare la propensione del lavoratore a considerare le proprie condizioni di lavoro come nocive e le proprie reazioni al riguardo come indicative di una condizione patologica".

[4] Cfr. COX T., GRIFFITHS A., RIAL GONZALES E., Work-Related Stress, Luxemburg, 2000, p. 33.

[5] Cfr. GARDELL, Work stress, nonwork stress, and health, Oxfor, 1973