MES: IL POMO DELLA DISCORDIA DELL’UNIONE EUROPEA.

01.05.2020

Adriana Fabrizio

FACCIAMO IL PUNTO.

Il nuovo Covid-19 ha fatto emergere tutte le debolezze di un'Europa che si proclama unita ma ha parecchie vulnerabilità che, se non affrontate, potrebbero segnare un punto di non ritorno nel percorso di integrazione europea. In queste settimane, per fronteggiare la grave crisi economica che si prospetta nei prossimi mesi, i leader europei si stanno scontrando duramente, tra accuse poco lusinghiere e strumenti finanziari più o meno adeguati per riuscire a combattere la crisi. Uno di questi strumenti è il MES: Meccanismo Europeo di Stabilità economica, ovvero il pomo della discordia, quello che sta spaccando in due l'Unione Europea, mettendo in evidenza le debolezze di un sistema che, è sempre più evidente, non è assolutamente integrato al livello economico, e se è vero che oggi esiste in Europa un mercato interno tra i 28 Stati membri (nonostante la Brexit, il Regno Unito continua a farne parte), allora si dovrebbe anche pensare, dopo che la crisi da Covid-19 sarà passata, di legiferare in maniera da ricostituire un mercato che sia davvero unico ed inclusivo per tutti i cittadini europei.

Per capire cos'è il MES bisogna fare un passo indietro nel tempo e partire dall'analisi dell'articolo 123 TFUE che vieta alla Banca Centrale Europea (BCE) di "salvare" gli Stati in difficoltà. La ratio di tale norma è quella di disincentivare gli Stati membri ad indebitarsi, certi che saranno soccorsi dagli altri Paesi membri.

Fu così che nel 2010 fu fondato l'EFSF: Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, una società di diritto lussemburghese che aiutava gli Stati in difficoltà tramite prestiti e acquisti di titoli; questa società fu finanziata grazie all'immissione di titoli garantiti dai singoli Paesi europei in proporzione del capitale da essi versato alla BCE; l'aiuto scattava nel momento in cui i mercati finanziari si fossero rifiutati di prestare denaro agli Stati in difficoltà o lo avessero concesso a tassi d'interesse esorbitanti. I Paesi che hanno avuto accesso al Fondo sono Irlanda, Portogallo e Grecia per un prestito complessivo di 175 miliardi di euro.

Accanto all'EFSF esisteva anche l'EFSM, acronimo di European Financial Stabilisation Mechanism (Meccanismo Europeo di Stabilità Finanziaria), fondato dalla Commissione Europea e subordinato all'adozione di riforma da parte degli Stati che vi accedono. Tale Fondo provvede all'assistenza finanziaria per i Paesi membri dell'UE che attraversano o sono minacciati da serie difficoltà economiche, usando obbligazioni rilasciate a nome dell'Unione. Tra il 2011 e il 2014 le riforme furono attutate ancora una volta dall'Irlanda e dal Portogallo e nel 2015 dalla Grecia, che chiesero l'aiuto del Fondo.

A partire dal 2012 però i due meccanismi sono stati inglobati e sostituiti dal MES (o ESM), anche conosciuto come Fondo salva-Stati; è un'istituzione permanente intergovernativa, costituita con un trattato affiancato al Trattato sull'Unione Europea e al Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. È fornita di un capitale di 700 miliardi che gli Stati membri hanno cominciato a versare (80 miliardi pro quota; la Germania è il primo contributore con quasi il 27% del capitale; l'Italia invece partecipa al 18%)

I soggetti che possono richiedere l'intervento del Meccanismo sono gli Stati.

Per accedere al MES bisogna rispettare delle condizioni che sono inserite nel memorandum of understanding. La decisione sulla concessione del prestito, in base alle condizioni fissate nel memorandum, è presa poi dal MES, dalla Commissione Europea, che negozia col Paese richiedente, dalla BCE e, se è coinvolto, anche dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Recentemente sono state proposte due importanti riforme per il Meccanismo Europeo di Stabilità, in ottica di un suo rafforzamento:

la prima prevede che il MES, che dispone di ingenti capitali, divenga il garante del Fondo di risoluzione comune delle banche. In quest'ultimo si accantonano i contributi degli Stati membri per avere le risorse necessarie ad attuare l'ordinata risoluzione delle banche di interesse europeo.

Tale riforma è stata proposta per porre rimedio alle crisi bancarie che possono colpire tanto paesi con i conti pubblici in ordine quanto quelli indebitati; una crisi bancaria in questi ultimi Stati provocherebbe un effetto domino, potendo colpire, potenzialmente, tutta l'Eurozona, ma è stata criticata soprattutto dai paesi nordici che temono di dover far fronte ai rischi di altri Stati.

Una seconda riforma, quella che ha attratto maggiori critiche, è quella che ha previsto il salvataggio di interi Paesi da parte del MES, effettuato con la ristrutturazione del debito pubblico tramite il coinvolgimento dei detentori dei titoli del debito, che avrebbero potuto vedere tagliato il valore dei titoli detenuti; la logica dietro questa soluzione sta nell'assunzione del rischio da parte di chi ha acquistato quei titoli; solo successivamente sarebbe intervenuto il MES con un prestito peraltro ridotto, vista la ristrutturazione del debito pubblico intervenuta previamente.

Un altro tasto dolente, che ha creato molte divisioni, è il quomodo della ristrutturazione del debito; il presidente della Bundesbank aveva infatti proposto una ristrutturazione automatica, che per i Paesi maggiormente indebitati costituisce un rischio troppo alto, considerato che ciò avrebbe potuto innescare una massiccia vendita di titoli del debito pubblico, creando speculazioni finanziarie per cui si scommette "contro" lo Stato in difficoltà in modo da indurre l'attivazione del MES. Questa soluzione sarebbe stata sicuramente molto rischiosa per l'Italia.

Un rimedio sicuramente più equilibrato è quello dell'accesso al MES previa analisi della sostenibilità del debito pubblico. In altre parole ciò che ci si chiede in tale analisi è: il Paese sarà in grado di ripagare il debito?

L'analisi è fatta dal MES e dalla Commissione Europea; il primo è un organo intergovernativo, ed è chiamato a valutare l'interesse degli stessi membri del MES; la seconda, che è un'istituzione sovrannazionale deve invece valutare l'interesse dell'intera Unione Europea. Quest'analisi è condotta dai due organi con ampi margini di discrezionalità e di negoziazione e se risulta che lo Stato non ha un debito sostenibile sarà richiesta una ristrutturazione del debito; a tal punto lo Stato potrà scegliere di attuarla, o anche di non farlo; se deciderà di non attuare le necessarie riforme o, se nonostante le stesse, il debito continuasse a non essere sostenibile, lo Stato sarà escluso dagli aiuti del MES.

Questi sono i lineamenti del MES; a partire dal 13 dicembre 2019, giorno della riunione del

Consiglio Europeo in cui si è tenuta la discussione e l'approvazione delle modifiche al MES, gli Stati avranno dai 12 ai 18 mesi di tempo per la ratifica, secondo le proprie norme costituzionali.

In queste settimane il dibattito si è acceso attorno a questo strumento, che ha causato ingenti danni all'economia greca, pochi anni fa, creando un terremoto che allora scosse l'UE e l'opinione pubblica. Le opinioni sul Meccanismo Di Stabilità Europeo sono discordanti, ma gli effetti che ha avuto quando fu usato in Grecia sono sotto gli occhi di tutti; vero è che la situazione della Grecia era complessa e azzarderei dire disperata, e non è possibile parlarne in questa sede. Tuttavia, inserito tra gli altri strumenti per fronteggiare l'emergenza coronavirus, è sicuramente quello che più di tutti va maneggiato con estrema cautela.