RIPERCUSSIONI DEMOGRAFICHE DEL COVID-19

01.05.2021

Dott.ssa Flavia Lombardi

Nell'anno 2019, per il settimo anno consecutivo si è confermato il trend negativo della percentuale di nati in Italia: si tratta del valore più basso mai registrato in 150 anni di Unità della Nazione.

Nello specifico, i dati del 2019 indicano un totale di 435 mila nascite. In tal modo, prosegue la rapida caduta della natalità, avviata a partire dal 2008, mediante una dinamica che ha portato alla riduzione di un quarto del numero annuo di neonati: rispetto al 2008 (577 mila nati) e il 2019 (435 mila), se ne contano 142 mila in meno.

Tuttavia, vi è da dire che la tendenza negativa delle nascite non è nuova nella storia del nostro Paese.

Difatti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ciò è accaduto tra il 1947 e il 1951, con lo smaltimento del picco dei recuperi post-bellici, sia nella fase di "rientro nei ranghi" che ha accompagnato il successivo boom degli anni Sessanta.

Occorre ricordare, poi, che un vero e proprio crollo della natalità si è manifestato nel successivo ventennio (1975-1995), allorquando dagli 886 mila nati annui del 1974 si è scesi a 628 mila in soli sette anni, per poi proseguire sino alla soglia minima di 526 mila nascite nel 1995.

Con l'arrivo della crisi economica (2002-2008) si è avuto un ulteriore crollo delle nascite.

Con la diffusione del Covid-19, oltre alle gravi conseguenze di tipo sanitario, si sono avute delle rivoluzionarie trasformazioni imposte all'organizzazione sociale e familiare.

Volendo realisticamente ipotizzare un numero di nascite per l'anno 2020 e 2021 e prefigurando, al momento, l'assenza di un qualsiasi effetto distorsivo derivante da Covid-19, si potrebbe assumere per il 2020 la stima di 432 mila nati mentre, per il 2021, assumere lo scenario che va da un minimo di 422 mila ad un massimo di 432 mila nati.

Procedendo invece a valutare lo scenario di natalità in presenza dell'epidemia, occorre considerare due diversi fattori:

  • il clima di "paura ed incertezza";

  • le crescenti "difficoltà di natura materiale", legate all'occupazione e al reddito

che potrebbero orientare le scelte di fecondità di una coppia.

Con riguardo al primo fattore, un esempio circa i possibili effetti si può ricavare da un'esperienza di oltre trent'anni fa, ovvero il disastro nucleare di Černobyl. Si ricorda, invero, che il 26 aprile 1986 un incidente alla centrale nucleare ucraina di Černobyl provocò una nube tossica - che si è espansa su tutto il territorio europeo - in grado di produrre pericolose conseguenze sulla salute della popolazione.

In Italia, gli effetti della nube giunsero nelle giornate dal 2 al 4 maggio e la popolazione si trovò improvvisamente circondata da un clima di forte insicurezza, sia in ragione della novità del pericolo, sia per l'impossibilità di percepirne la presenza, così come per la scarsa conoscenza degli effetti, immediati e futuri, legati al contatto con elementi contaminanti sconosciuti.

Le statistiche riferite a quegli anni documentano come, nei nove mesi successivi alla grande paura per l'arrivo della nube di Černobyl, le nascite in Italia abbiano subito un certo ribasso.

La specifica natura del pericolo attivato dal disastro di Černobyl, legata ai rischi di malformazioni nel feto, ha agito ancor più a monte delle gravidanze che hanno portato ad una nascita, intervenendo anche su quelle già in atto all'epoca del disastro e favorendo un incremento del fenomeno nell'abortività volontaria.

Orbene, con riguardo alla situazione epidemiologica attuale, per definire un possibile scenario si possono prendere in considerazione le valutazioni mensili delle nascite osservate in Italia nel 1987, sia a distanza di nove mesi dalla comparsa della nube tossica (maggio 1986), sia per ognuno dei successivi quattro mesi ed applicare tali variazioni a quanto sembra possibile prevedere nel 2020 e nel 2021 riguardo alla frequenza dei nati, assumendo come riferimento temporale i nove mesi dalla prima comparsa del Covid-19 (previsione al dicembre 2020) e i quattro mesi successivi (gennaio-aprile 2021).

In tal modo, partendo dai dati forniti dalla stima annua in assenza di perturbazioni in precedenza introdotta, si ha modo di valutare una perdita di circa 4 mila mancate nascite in corrispondenza del mese di dicembre 2020 e complessivamente altri 5-6 mila nati in meno per il 2021, persi durante l'intervallo che va da gennaio ad aprile.

In totale, alla luce delle assunzioni fatte, si avrebbe nel 2020 un numero annuo di 428 mila nati (6.625 in meno rispetto al 2019) e l'effetto Covid-19 inciderebbe soltanto con un calo di natalità pari allo 0,84%.

Nel 2021, la frequenza dei nati scenderebbe a 416 mila nell'ipotesi di minimo e a 427 mila in quella di massimo e l'effetto Covid-19 sarebbe responsabile di un ulteriore calo di natalità dell'1,3%.

In termini assoluti, si può affermare che, da quanto simulato in relazione al condizionamento direttamente derivante da incertezza e paura - sul modello dell'esperienza di Černobyl del 1986 - l'impatto della pandemia in atto sulla riduzione delle nascite nell'immediato futuro dovrebbe contenersi in poco meno di 10 mila unità, ripartite per un terzo nel 2020 e due terzi nel 2021.

La simulazione appare più complessa quando il parallelo rispetto a situazioni di pericolo viene effettuato con riguardo a difficoltà di carattere economico.

A tal riguardo, assumendo il livello di disoccupazione come indicatore proxy del clima di disagio o di insicurezza economica nella popolazione e nelle famiglie, un semplice confronto tra la serie dei tassi mensili di disoccupazione, distinti per genere, e la corrispondente serie mensile di nascite nel periodo gennaio 2004 - novembre 2019 segnala - tolti gli effetti di stagionalità entro queste ultime - una forte correlazione negativa, quand'anche spuria. Il corrispondente indice di correlazione tra le due serie risulta molto alto (circa -0,8) - senza particolari discriminazioni di genere - e attraverso il calcolo del coefficiente di regressione lineare si identifica in circa 1.500 nati in meno l'ipotetico effetto riduttivo attribuibile a ogni punto di disoccupazione in più.