RSA: RESPONSABILITA' DELLE AZIENDE E DEGLI OPERATORI SANITARI
Dott. Giovanni Maddaloni
Qualche giorno fa il Direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per l'Europa (OMS), Hans Kluge, ha riportato un dato davvero preoccupante:"In Europa quasi la metà delle persone che sono morte con il Covid-19 erano residenti in strutture di assistenza a lungo termine"."Una tragedia umana inimmaginabile"che ha reso ancora più evidente come le persone più deboli siano sempre più borderline nella nostra società. In Italia sono finite sotto la lente della Procura le residenze sanitarie assistenziali (RSA) per epidemia colposa. Le RSA diventate bombe di contagio sono concentrare principalmente in Lombardia ed Emilia Romagna.
Ma cosa sono le RSA? Quali sono le differenze con le case di cura e le case di riposo?
La RSA è una struttura residenziale non ospedaliera, ma comunque sanitaria, finalizzata a fornire accoglienza, prestazioni sanitarie e di recupero, tutela e trattamenti riabilitativi a persone in condizioni di non autosufficienza fisica e psichica tali da non necessitare il ricovero ospedaliero ma, altresì, privi delle condizioni che consentano l'erogazione a domicilio degli interventi sanitari continui e dell'assistenza necessaria. Le RSA dovrebbero essere localizzate in zone urbanizzate per garantire all'utenza l'integrazione nell'ambiente sociale d'appartenenza. Le RSA sono organizzate in moduli o nuclei con l'intento di accogliere ospiti con problematiche diverse senza interferenze tra gli stessi, nonché un impiego sistematico del personale. È indispensabile la presenza di un medico 24 ore su 24, di un terapista ogni 40 ospiti e di un infermiere ogni 5. Proprio perché gli ospiti della RSA non sono autosufficienti, è necessaria la costante presenza medica ed infermieristica, oltre che un aiuto continuativo per garantire lo svolgimento delle attività quotidiane, come l'igiene personale. Le RSA possono inoltre essere pubbliche, private convenzionate o private.
La Casa di riposo accoglie persone almeno parzialmente autosufficienti, cosicché il personale medico non è presente h24 mentre è costante l'assistenza infermieristica. Una peculiarità delle Case di riposo è sicuramente la socialità, in queste strutture infatti sono spesso organizzate attività ricreative, ludiche o culturali. Sono previste aree comuni in cui trascorrere il tempo in compagnia stimolando l'intelletto e la creatività degli ospiti. Un'ulteriore discriminante tra le due strutture è la sistemazione. Gli ospiti della Casa di riposo possono alloggiare in camere doppie o singole fornite di servizi o appartamenti, così da poter essere indipendenti e avere sempre a propria disposizione le aree comuni.
La Casa di cura ospita persone parzialmente sufficienti affette da patologie acute fino alla pronta guarigione o comunque per brevi periodi. In queste strutture gli ospiti possono contare su personale sanitario specializzato e su operatori socio-sanitari. Una soluzione ideale per chi deve intraprendere un percorso di riabilitazione, necessitando di un'assistenza non usufruibile tra le mura domestiche alla fine della loro degenza ospedaliera. Trattandosi di strutture private, il pagamento delle rette è sempre a carico dell'ospite o dei familiari.
E per la Responsabilità di queste Aziende sanitarie? Differisce dalla Responsabilità delle strutture pubbliche?
Per i predetti interrogativi troviamo pronta risposta nell'art. 7, primo comma, della Legge n. 24 dell'8 Marzo 2017 (cd. Legge Gelli-Bianco):
"la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose e colpose."
Il Legislatore ha quindi confermato la previgente disciplina (Decreto Legge n. 158 del 13 Settembre 2012, cd. Decreto Balduzzi) in merito alla Responsabilità delle Aziende sanitarie pubbliche e private, di fatto equiparandole.
Consacrando il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui "...l'accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto...", la Responsabilità della struttura sanitaria è di natura contrattuale. L'Azienda sanitaria, con l'accettazione dell'ospite o paziente, stipula un contratto atipico per facta concludentia: il cd. contratto di spedalità o di assistenza sanitaria, che comprende prestazioni primarie di carattere medico-sanitario, ma anche prestazioni accessorie quali vitto, alloggio, assistenza.
La novità sostanziale della novella disciplina, definita addirittura come "Rivoluzione Copernicana della Responsabilità professionale", è stata introdotta dal terzo comma dell'art. 7 che ha superato la teoria precedente del cd. "contatto sociale", per la quale anche l'Operatore sanitario era responsabile contrattualmente nei confronti del paziente/ospite, prevedendo una Responsabilità extracontrattuale.
"...la prestazione della casa di cura e quella del medico sono collegate così strettamente da configurare una obbligazione soggettivamente complessa con prestazione indivisibile ad attuazione congiunta, con la conseguenza che l'inadempimento di uno soltanto dei coobbligati obbliga anche l'altro al risarcimento.
E d'altra parte l'interesse del paziente (che è quello di farsi curare) non rimane appagato con l'apprestamento dei locali, la erogazione dei servizi alberghieri e di assistenza, la messa a disposizione degli strumenti e delle apparecchiature sanitarie, ma riceve integrale soddisfazione soltanto con la contestuale esecuzione della prestazione professionale del medico; la unitarietà del risultato finale perseguito implica la necessaria unitarietà dell'obbligazione, seppure a carico di una pluralità di parti (il medico e la casa di cura) che, nella esecuzione della prestazione, si articola in una serie di attività distinte, il coordinamento delle quali costituisce l'indispensabile momento organizzativo della esecuzione della prestazione dovuta in favore del paziente-creditore.
Il medico e la casa di cura risponderanno dunque in solido in caso di insuccesso dell'intervento, o di accertata responsabilità per inadempimento o inesatto adempimento della prestazione dovuta, rimanendo indifferente per il paziente titolare della posizione creditoria, in caso di inadempimento della obbligazione soggettivamente complessa, su quale dei soggetti debba gravare, nei rapporti interni, il peso economico del risarcimento del danno." (Tribunale Roma, Sez. XIII, 02/09/2019, n.16860).
La Responsabilità sanitaria civile ha quindi attualmente una struttura a "doppio binario":
- "La responsabilità dell'ente o della casa di cura nei confronti del paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 c.c., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, ai sensi dell'art. 1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche "di fiducia" dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto." (Tribunale Napoli, Sez. VIII, 02/10/2019, n.8625);
- il medico e l'équipe rispondono nei confronti dell'eventuale danneggiato del proprio operato secondo la disciplina della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.
È palese che il paziente/ospite ipoteticamente danneggiato da malasanità (cd. Medical Malpractice) si rivolgerà alla struttura per rivendicare il risarcimento danni, godendo in sede processuale di alcuni privilegi. Quelli più significativi sono il regime dell'onere della prova e il termine prescrizionale, sicuramente più favorevoli nella Responsabilità contrattuale.
Sarà infatti l'Azienda sanitaria a dover provare l'assenza di colpa e il termine prescrizionale è decennale.
Nel caso in cui il danneggiato volesse reclamare risarcimento danni nei confronti del medico o degli operatori sanitari, dovrà provare l'errore commesso dagli stessi e il termine di prescrizione è quinquennale.
Un'altra importante novità è stata introdotta dall'art. 6 della L. Gelli-Bianco, rubricato "Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario", ossia l'art. 590-sexies codice penale:
"Art. 590-sexies c.p.
(Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario).
Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto."
L'attuale normativa è evidentemente meno favorevole rispetto alla previgente (art. 3 Decreto Balduzzi) poiché oggi l'operatore sanitario, che durante la prestazione professionale cagiona per colpa lesioni o la morte del paziente, non è punibile solo nell'ipotesi in cui abbia correttamente individuato e adottato le linee guida adeguate al caso concreto ma versi in imperizia (colpa lieve) nell'attuazione delle stesse. (Sezioni Unite, Cassazione Penale, 22/02/2018, n. 8770).
La causa di non punibilità è quindi inapplicabile:
- nel caso in cui l'evento si concretizza per colpa da imprudenza o negligenza;
- nel caso in cui l'evento si concretizza per colpa da imperizia nell'individuazione delle linee guida adeguate alla fattispecie concreta o per colpa da imperizia grave nell'attuazione delle stesse;
- nel caso in cui l'evento si concretizza per colpa da imperizia in mancanza di linee guida adeguate alla fattispecie concreta.
Ulteriori e interessanti innovazioni sono state previste dall'odierna normativa con l'intento di garantire maggior tutela sia agli esercenti professioni sanitarie sia ai pazienti:
- le strutture sanitarie sono tenute all'obbligo di trasparenza, sono obbligate ad ottemperare alle richieste dei soggetti interessati alla documentazione sanitaria entro sette giorni, con eventuale integrazione entro un massimo di trenta giorni (i termini si calcolano dalla presentazione della richiesta);
- sono tenute ulteriormente a pubblicare sul proprio sito internet i dati concernenti i risarcimenti erogati nel precedente lustro;
- Il Difensore Civico è il garante per la tutela del diritto alla sicurezza delle cure (assicurata con la prevenzione e la gestione del rischio sanitario), attivabile gratuitamente su istanza diretta del soggetto leso o di un suo delegato;
- l'istituzione in ogni Regione del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, ufficio incaricato di raccogliere dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, i dati relativi a rischi ed eventi avversi, nonché ai contenziosi sostenuti, per poi trasmetterli annualmente tramite modalità telematica unificata all'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità.
Le misure previste dal Legislatore sono apprezzabili in una prospettiva di salvaguardia dei professionisti della sanità, i cui errori medico sanitari sono per la gran parte dei casi solo la punta di un iceberg consequenziale a deficit organizzativi.
Gli "eroi in corsia", oltre alle qualificate competenze, stanno impiegando un'enorme umanità, nonostante i turni disumani, malgrado l'angoscia costante di ammalarsi e di trasmettere il virus ai propri cari, ancorché l'assenza di protocolli e terapie ad hoc, per sconfiggere un nemico invisibile ma letale. Adesso più che mai meritano rispetto e gratitudine!